Il valore filosofico dell’arte. Intervista a Michele Ragno

di Gilda Diotallevi

La ponderazione senziente dello stanziarsi dell’arte è interamente e fermamente intonata solo al problema dell’essere. (M. Heidegger, Der Ursprung des Kunstwerkes, Reclam, Ditzingen, 1978, p. 99)

Per affrontare il tema dell’arte e del suo valore filosofico, incontriamo il filosofo Michele Ragno.

Gentile Michele, nel suo ultimo lavoro L’arte che schiude il senso. La filosofia dell’arte di Wittgenstein e Heidegger, lei sostiene che proprio l’interrogazione dell’arte sia in grado di risvegliare la domanda sull’Essere e sul senso del nostro stare al mondo.

Innanzitutto volevo ringraziare la redazione per l’interesse mostrato nei confronti dei miei libri.

Ritengo che ormai la domanda che l’uomo pone sull’Essere sia stata volutamente eclissata e ritenuta ormai obsoleta nella riflessione filosofica a noi contemporanea. Il che non è un bene. Ma il nostro tempo storico è ancora (e chissà per quanto) quello del nichilismo.

Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al: perché? […] La logica del pessimismo fino all’ultimo nichilismo: che cosa lo agita? Concetto della mancanza di valore, mancanza di senso: in quale misura le valutazioni morali si trovano dietro tutti gli altri valori superiori. Risultato: i giudizi morali di valore sono condanne, negazioni; la morale è volgere le spalle alla volontà di esistere. (F. Nietzsche, Volontà di potenza)

Ora, con il passare del tempo, grazie a più di un secolo di assimilazione del pensiero nietzscheano, siamo riusciti a comprendere che anche quello di Nietzsche è in realtà un sistema – nonostante lui supponga la negazione di tutti i sistemi – morale, nel senso che è una determinata interpretazione del mondo, legata a una determinata teoria biologico-scientifica evoluzionista, nel quale gut è ciò che sopravvive, incarnato inizialmente dal profilo dell’aristocratico forte, vigoroso, che Nietzsche delinea nelle prime pagine della Genealogia della morale. La morale è per Nietzsche – e infatti non distingue platonismo e cristianesimo, ma li vede come un tutt’uno, così come assimilabili potrebbero essere i filosofi e i preti – uno stratagemma che i più deboli hanno utilizzato per rivendicare potere.

Una via d’uscita dal nichilismo potrebbe per me essere proprio la riscoperta del valore di quella domanda. Essa non è puro vaneggiare, né pura sopravvivenza della specie. Anzi, rappresenta il valore in più dell’essere umano.

Quella domanda ha una fondamentale importanza ‘esistenziale’ – poiché definisce il senso del nostro stare al mondo – e quindi anche ‘etica’: il mio modo di agire dipenderà inevitabilmente dall’idea che io ho rispetto a tutto ciò che mi circonda.

David Foster Wallace, autore a me caro proprio per il suo tentativo di elaborare una via d’uscita dal grigiore dei nostri tempi, scriveva in quello che potrebbe essere considerato il suo manifesto anti-nichilistico, Questa è l’acqua, queste parole:

‘Imparare a pensare’ di fatto significa imparare a esercitare un certo controllo su come e cosa pensare. Significa avere quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza. Perché se non sapete o non volete esercitare questo tipo di scelta nella vita da adulti, siete fregati. […] Questa è la vera libertà. Questo è imparare a pensare. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la modalità predefinita, la corsa sfrenata al successo: essere continuamente divorati dalla sensazione di aver avuto e perso qualcosa di infinito. (D. F. Wallace, Questa è l’acqua)

Quando siamo di fronte a un’opera d’arte degna di questo nome, siamo colpiti infatti dalla meraviglia per il fatto che qualcosa sia. Come ho già detto in altre sedi, l’arte conserva in sé una immanente potenza di comunicare e quindi la possibilità di cambiare le cose, noi stessi e il mondo che ci circonda. È questa la migliore chiave di lettura per entrare nell’atmosfera artistica e soprattutto costituisce ancora oggi il miglior ‘metro’ di giudizio per distinguere l’arte che vale (che crea un ponte tra artista e fruitore) da quella autoreferenziale, che finisce per essere un mero esercizio tecnico o il tentativo di fruttare qualche spicciolo. Quindi il rispetto verso l’arte positiva, che comunica, è il primo passo che precede la successiva discussione critica del ‘comunicato’, ovvero il messaggio portato.

Spesso però il riconoscimento di questo non è immediato, ma dobbiamo acuire il nostro sguardo, in certi casi ascoltare attentamente, interpretare: non è un fruire passivo, ma noi stessi siamo artisti della stessa opera d’arte, in quanto plasmiamo e organizziamo i dati che giungono ai nostri sensi, rielaborandoli in modo coerente.

Per approfondire il valore dell’arte, nel più ampio senso possibile, lei propone un raffronto tra pensatori apparentemente lontani, come Heidegger e Wittgenstein. Perché proprio la filosofia dell’arte è in grado di operare una connessione tra le loro teorie?

Nonostante la storia della filosofia del XX secolo, in parte ancora fortemente condizionata dalle etichette di ‘filosofia analitica versus continentale’, abbia fatto di loro le icone di due movimenti filosofici praticamente contrapposti, le loro filosofie hanno molto in comune. Soprattutto quando si cerca di giungere a quelle domande filosoficamente impegnative. Per quanto riguarda il pensiero sull’arte ciò che è interessante, ed è comune sia al pensiero di Heidegger quanto a quello di Wittgenstein, è che esso non si limita ad essere mera teoria estetica. La vera filosofia dell’arte non ha a che fare semplicemente col mero gusto estetico. L’estetica è una dimensione superficiale della riflessione sull’arte, che indaga sul come la nostra sensibilità è colpita da oggetti (tra cui quelli cosiddetti artistici) e su come siano diverse le reazioni a tale incontro.

Wittgenstein annotava infatti nei Tagebücher – gli appunti che hanno dato vita al Tractatus – che «L’opera d’arte è l’oggetto visto sub specie aeternitatis; e la vita buona è il mondo visto sub specie aeternitatis. Questa è la connessione tra arte ed etica». Nel Tractatus invece scriveva: «La visione del mondo sub specie aeterni è la visione del mondo come totalità – delimitata –. Il sentimento del mondo come totalità delimitata è il sentimento mistico».

Etica ed estetica (nel senso wittgensteiniano del termine) infatti non possono formularsi come teorie, perché hanno a che fare con il valore assoluto e questo a sua volta non si costituisce come fatto o nei fatti:

Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v’è in esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe un valore. Se un valore che abbia valore vè, esso dev’essere fuori di ogni avvenire ed essere-così. Infatti ogni avvenire ed essere-così è accidentale. Ciò che li rende non-accidentali non può essere nel mondo, ché altrimenti sarebbe, a sua volta, accidentale. Dev’essere fuori del mondo.

E nel silenzio e dal silenzio che l’io, il mondo e la parola emergono tra loro originariamente uniti. […] quel silenzio che la parola custodisce e reca in sé, scriveva Carlo Sini, per lei il silenzio è un tentativo di cogliere l’Essere?

Non abbiamo probabilmente compreso – i filosofi della scienza di certo fortunatamente sì – che, sia pur incredibilmente utili e sviluppate, le teorie della fisica sono incapaci di dare risposte concrete, complete alle nostre domande. Ricordo ancora un incontro sull’astronomia con Corrado Lamberti, noto divulgatore scientifico che ha diretto con Margherita Hack la rivista “L’astronomia”. Lui ha fatto notare che le onde gravitazionali sono state rilevate solo 101 anni dopo le scoperte di Einstein, allo stesso modo il famoso Bosone di Higgs, che è stato teorizzato nel ’64 e rilevato nel 2012. Tutti gli scienziati in questi anni di risultati pressoché nulli hanno continuato a fare ricerche ed esperimenti, sicuri del fatto che questi esistessero, nonostante nessuna prova concreta, proprio perché rispondevano ad una idea di bellezza, ordine e armonia.

I disegni del matematico (e allo stesso modo del fisico) come quelli del pittore o del poeta, devono essere bellissimi; le idee, come i colori o le parole, devono combinarsi in modo armonioso. La bellezza è la prima prova da superare; al mondo non c’è posto per la matematica brutta. (G. H. Hardy, Apologia di un matematico)

La teoria fisica della supersimmetria è questo. Ad ogni particella ne corrisponde una opposta (fermioni-bosoni) di uguale massa. E quindi dobbiamo chiederci: perché la bellezza? Perché la simmetria?

E se fosse esattamente il contrario? Se tutto ciò che vedessimo dell’universo conosciuto fosse una minuscola parte, delle dimensioni di un piccolo punto, di un universo molto più grande? In questo contesto numeri misteriosi come la costante cosmologica sono completamente casuali e nel multiverso esistono altre regioni con altri valori casuali. Solo in una piccolissima parte, per motivi del tutto accidentali, i numeri assumono valori speciali che permettono alle stelle di formarsi e agli esseri viventi di vivere.

Rischio così di andare fuori tempo, ma il punto è questo: il silenzio permette di cogliere l’aspetto ancora misterioso del mondo per noi. In un periodo come il nostro ciò non è scontato. Al contrario, pare che l’uomo si senta in grado – e qui la riflessione di Heidegger è fondamentale – di poter utilizzare il mondo come un oggetto qualsiasi nato per realizzare i suoi scopi. Non a caso Heidegger stesso scrive, ne La questione della tecnica:

Poiché l’essenza della tecnica non è nulla di tecnico, bisogna che la meditazione essenziale sulla tecnica e il confronto decisivo con essa avvengano in un ambito che da un lato è affine all’essenza della tecnica e, dall’altro, ne è tuttavia fondamentalmente distinto. Tale ambito è l’arte. (M. Heidegger)

Bibliografia di riferimento:

G. H. HARDY, Apologia di un matematico, Garzanti, Milano 2002.

M. HEIDEGGER, La questione della tecnica, goWare, 2017.

F. NIETZSCHE, La volontà di potenza, Bompiani, Milano 2001.

M. RAGNO, L’arte che schiude il senso. La filosofia dell’arte di Wittgenstein e Heidegger, goWare, 2021.

D. F. WALLACE, Questa è l’acqua, Einaudi, Torino 2017.

L. WITTGESTEIN, Tractatus logico-philosophicus. Quaderni 1914-1916, Einaudi, Torino 2009.