La libreria indipendente Le Storie prosegue la sua rubrica letteraria in collaborazione con la rivista fiori vivi dedicando questo speciale al genere HARD-BOILED
(a cura di Gilda Yoko Diotallevi)

Con l’espressione hard-boiled si intende un genere letterario nato intorno alla fine degli anni ’20, definito dall’enciclopedia britannica come uno stile duro e poco sentimentale della scrittura poliziesca americana che ha portato un nuovo tono di realismo o naturalismo terreno nel campo della narrativa poliziesca. La narrativa hard-boiled utilizzava sesso e violenza espliciti, sfondi urbani vividi ma spesso sordidi e dialoghi gergali e frenetici.
Sottocategoria del giallo, l’hard-boiled comincia a diffondersi grazie alla rivista «Black Mask», un pulp magazine nato intorno agli ’20, che negli anni ’30 e ’40 sarà del tutto dedicata alle crime stories e ospiterà gli autori che fecero grande questo genere. Questi ultimi rinnovano la detective story, trasportandola sull’asfalto della città, tra crimini e malavita, aggiungendo una forte dose di realismo a storie che sembravano troppo lontane dal grande pubblico.
Calzante l’espressione usata da Philip Durham in riferimento agli scrittori della «Black Mask»: The poetry of violence. (P. Durham, «Introduzione» a Raymond Chandler, Killer in the Rain, p.8)
Mentre l’impianto classico del giallo prevedeva la risoluzione dell’enigma come punto nevralgico del racconto, qui, nel poliziesco, erano i fatti a dover avvincere il lettore. Fatti reali, perlopiù di cronaca, che presentavano un mondo diverso, cupo e pericoloso, in cui la giustizia aveva ceduto il passo alla corruzione e l’etica sembrava adombrata dal potere del denaro. L’indagine vera e propria passa in secondo piano mentre l’attenzione si concentra sulla disanima di una realtà che nessuno vorrebbe vedere, di una società malata ma tenuta segretata. Scriverà Chandler, uno dei protagonisti di questo genere: «La storia ideale è quella che leggereste anche se mancasse la fine.»
Significativa la definizione che Leonardo Sciascia diede di tale evoluzione del giallo «[…] ecco arrivare dagli Stati Uniti gli investigatori privati di Los Angeles e di Chicago: ragazzi duri, con la rivoltella sotto l’ascella e pronti a tirarla fuori in un lampo; nervosi, scazzottatori, un tantino loschi e perversi. E malinconici anche, e solitari, un po’ misantropi e misogini». (L. Sciascia, Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo, p.68.)
Ma dietro questa apparente scelta stilistica si nasconde qualcosa di più profondo. Nella realtà storica di quel periodo, in pieno proibizionismo, la criminalità faceva da padrona, la polizia era spesso corrotta, la democrazia era fallace e i comuni cittadini sottostavano a ingiustizie e violenze. Questi racconti hard-boiled restituivano al lettore un senso di giustizia che era difficile trovare alla luce del giorno.
The realist in murder writes of a world in which gangsters can rule nations and almost rule cities… where no man can walk down a dark street in safety because law and order are things we talk about but refrain from practicing. (Il realismo nell’omicidio descrive un mondo in cui i gangster governano le nazioni e le città quasi… dove nessun uomo può camminare in una strada buia sentendosi al sicuro perché la legge e l’ordine sono cose di cui parliamo, ma che non mettiamo in pratica. (R. Chandler, The Simple Art of Murder, Ballantine, New York 1977, p.236)
A contribuire al successo di tale narrativa, al cui interno reca sia esempi di alta letteratura che meri esercizi di stile, non c’è solo la capacità di avvicinarsi al semplice lettore con storie vere, ma anche l’avvento dei giornali prima e dei libri in formati tascabili poi che puntavano sulla economicità delle edizioni. Ciò modificò anche la fruizione dei testi, letti soprattutto dai pendolari mentre si recavano nelle metropoli e i luoghi di vendita degli stessi: non più solo librerie ma in «bus and train stations, soda fountains and candy stores, drug stores and newspaper kiosks» (Rabinowitz, “Social” 280).
Caratteri
Al centro di queste storie ci sono gli investigatori privati, personaggi costruiti in modo talmente vivido da essere rimasti nell’immaginario collettivo. Sono individui cinici, disillusi dalla vita e dal raggiungimento della giustizia tramite le forze dell’ordine. Vivono più in connivenza con i bassifondi che con la legge, frequentano locali notturni promiscui, bevono e hanno una vita privata sgualcita e solitaria. Al loro fianco ci sono dark lady, prostitute, donne da salvare e amare solo per qualche notte. La loro abnegazione è solo per il lavoro, che non li ripaga a sufficienza, lasciandoli spesso senza soldi e in pericolo di vita. Qualcuno suggerisce che proprio le difficoltà economiche, il senso di solitudine e frustrazione sia ciò che permise l’identificazione da parte dei lettori lower-class, di quella classe sociale post Depressione.
Gli investigatori provati sono uomini dediti alla loro missione, sono antieroi disincantati e amareggiati ma fieri nella loro integrità, che perseguono la ricerca della verità in un crinale pericoloso tra giustizia e ingiustizia. Lottano a caro prezzo, rischiando in prima persona, contro un sistema corrotto, che vede anche nella polizia una istituzione incapace di tutelare l’ordine e la sicurezza dei cittadini comuni. «A mano a mano che ci si allontana dalla seconda guerra mondiale dilaga un atteggiamento di generale sfiducia e insofferenza verso le istituzioni, la legge, l’ordine costituito che induce la pericolosa tendenza a ritenere che sia legittima la scelta di farsi giustizia da soli.» (Sciascia op.cit.) Eppure, nonostante questi protagonisti indiscussi dell’hard boiled siano uomini ai margini, anticonformisti, sono altrettanto sicuri di loro stessi, rispettati spesso sia dalla polizia che, ancor più, dai loro nemici.
Le storie sono vere, o almeno il più verosimili possibili, tratte spesso proprio dalla cronaca. Molti degli autori inoltre sono addentro a quel mondo ai margini, non nascono scrittori ma sono giornalisti di cronaca nera o sportiva nei tabloid (James M. Cain e Horace Mc-Coy), copy pubblicitari (Dashiell Hammett), o persino avvocati.
Lo stile dei racconti è semplice, con una stesura leggibile e accessibile, con uso di frasi brevi e slang preso dalla strada. I romanzi sono a forte impatto maschile, i protagonisti sono loro, gli uomini detective machisti e in parte misogini. E solo dopo ci sono le donne, vittime o carnefici, sono spesso relegate a ruoli marginali. Il realismo è d’ordine, con descrizioni dettagliate, a volte scabrose.
Anche le ambientazioni sono cupe, noir, descrivono una città metropolitana che diviene protagonista, costellata di locali notturni in cui si incontrano soggetti poco raccomandabili.
«Non era una bella città. La maggior parte dei costruttori era afflitta da manie di grandezza. All’inizio forse aveva anche funzionato. Nel corso del tempo, i fumi delle fonderie, emessi dalle ciminiere di mattoni di crudi che si levavano tetre contro le montagne a sud, avevano fatto calare su ogni cosa un sudario color giallo sporco. Il risultato era una brutta città di quarantamila abitanti dilatata in una brutta depressione tra le due brutte montagne completamente insozzate dalle miniere. Perfino il cielo era sporco, come se anche quello fosse stato vomitato dalle ciminiere delle fonderie.» (D. Hammett, Red Harvest)
La maggior parte dell’azione si svolge nella notte, in quartieri miseri, in una spirale di inquietudine suburbana, in cui la giustizia è sempre più lontana e la realtà dei fatti si complica e si disvela di volta in volta più complessa e diversa.
Autori
Nonostante siano numerosi gli scrittori appartenenti a questo genere letterario, pensiamo per esempio a James M. Cain, Dashiell Hammett, Raymond Chandler, W.R. Burnett, George Harmon Coxe, James Hadley Chase Mickey Spillane, James Crumley, Ross Macdonald Edogawa Ranpo, Matsumoto Seicho, Giorgio Scerbanenco ci limiteremo a citarne alcuni, scelti sia in vista della loro rappresentatività dell’hard-bolied, che per il tipo di libri scritti.
James M. Cain
James M. Cain (1892-1977) scrittore, giornalista e sceneggiatore statunitense, è stato un maestro del genere hard-boiled. Edmund Wilson conierà per lui la definizione «poet of the tabloid murder». L’ispirazione per i suoi romanzi viene spesso tratta da fatti di cronaca realmente accaduti.
«[…] Double Indemnity (così come, in parte, di The Postman) risale infatti al celebre caso Snyder, del 1927, che aveva visto l’uccisione, a New York, del critico d’arte Albert Snyder per mano di due carnefici, la moglie, Ruth Snyder, e il suo amante, il venditore Judd Gray, interessati a riscattarne la polizza assicurativa di doppia indennità. Nonostante la reticenza di Cain circa il riferimento a Snyder-Gray, i debiti di Double Indemnity e The Postman – che contengono allusioni linguistiche dirette ai titoli delle cronache del caso – sono numerosi e sottili attestando la permeabilità tra la cronaca e il noir: nello specifico, tabloid quali New York Daily News, New York Daily Mirror e Evening Graphic che avevano coperto il celebre caso newyorchese forniscono a Cain uno stock di materiali e modelli narrativi– la femme fatale, il ritratto psicologico del criminale, la confessione in prima persona del killer, e un punto di vista ostinatamente fatalista – destinati a diventare la quintessenza del genere noir (Pelizzon and West 213).» (Cfr. C. Scarpino, Anni Trenta alla sbarra. Giustizia e letteratura nella Grande Depressione, Ledizioni, Milano 2016)


Dashiell Hammett
Dashiell Hammett, (1984-1961), scrittore, investigatore privato ma soprattutto caposcuola del poliziesco all’americana. L’autore stabilizza i caratteri del romanzo hard-boiled, regalandoci come protagonista dei suoi lavori un investigatore a cui si sono ispirati tutti i successivi scrittori del genere. Indimenticabili le figure di Sam Spade (Il falcone maltese) e Continental Op (Raccolto Rosso). Le vicende che narra, spesso vissute in prima persona per via del suo lavoro da investigatore, sono un modo per denunciare una America diversa da quella che si voleva mostrare, in cui la corruzione è all’ordine del giorno e il denaro strumentalizza potere e giustizia. Hammett diviene così la coscienza critica della società americana.
Raccolto rosso è una delle testimonianze più riuscite del genere hard boiled, una vera partita a scacchi tra il Continental Op e i suoi nemici. L’investigatore viene descritto come «Un piccolo uomo che tira avanti giorno per giorno attraverso il fango, il sangue, la morte e l’inganno».
Un telefono squillò nel buio. Quando ebbe suonato tre volte, le molle di un letto gemettero, le dita di una mano si mossero a tentoni sul legno, un piccolo oggetto pesante cadde con un rumore sordo su un tappeto, le molle gemettero ancora, e una voce d’uomo disse: «Pronto… Sì, con chi parlo… Morto?… Sì… Un quarto d’ora. Grazie» Un interruttore scattò e un globo bianco appeso al centro del soffitto con tre catene dorate riempì di luce la stanza.
Il falcone maltese invece, segna l’entrata in scena un investigatore entrato nell’immaginario collettivo, Samuel Spade, detto Sam, dell’Agenzia Spade & Archer.
La mascella di Samuel Spade era ossuta e pronunciata, il suo mento era una V appuntita sotto la mobile V della bocca. Le narici disegnavano un’altra V, più piccola. Aveva occhi giallo-grigi, orizzontali. Il motivo della V era ripreso dalle spesse sopracciglia che si diramavano da due rughe gemelle al di sopra del naso aquilino…Somigliava, in modo abbastanza attraente, a un diavolo biondo. […] Soltanto i suoi occhi giallo-grigi tagliavano la sua faccia con una linea orizzontale.
Inserto 1: La semplice arte del delitto
«Hammett era un asso, ma nella sua opera non c’è nulla che non si trovi, allo stato potenziale, nelle prime novelle e nei racconti di Hemingway. Eppure, per quanto ne so io, Hemingway può avere imparato qualcosa da Hammett, come Dreiser, Ring Lardner, Carl Sandburg e Sherwood Anderson (che furono grandi scrittori dell’epoca). Dubito molto che Hammett avesse deliberate mire artistiche; per me cercava semplicemente di guadagnarsi da vivere scrivendo su un argomento sul quale aveva informazioni di prima mano. Qualcosa se l’inventò, tutti gli scrittori lo fanno, ma le sue invenzioni erano sempre fondate: erano costruite su una serie di fatti reali. (…) Hammett ha tolto il delitto dal vaso di cristallo e l’ha gettato nei vicoli: non è indispensabile che vi rimanga per sempre, ma è stata una buona idea portarlo, tanto per cominciare, il più lontano possibile dal Manuale delle Buone Maniere di Emily Post, e dai suoi precetti sul come una compita debuttante deve mordicchiare un’ala di pollo. Hammett da principio, e fin quasi alla fine, scrisse per le persone che prendevano la vita di petto, aggressivamente. Queste persone non avevano paura dei lati neri dell’esistenza; erano vecchie conoscenze per loro. La violenza non li sgomentava, era ordinaria amministrazione, nel loro quartiere. Hammett restituì il delitto alla gente che lo commette per ragioni vere e solide, e non semplicemente per provvedere un cadavere ai lettori, e lo fece compiere con mezzi accessibili, non con pistole da duello intarsiate, curaro e pesci tropicali. Mise sulla carta i suoi personaggi com’erano e li fece parlare e pensare nella lingua che si usa di solito per questi scopi.
Si dice che Hammett fosse senza cuore, eppure fra i suoi romanzi, quello che preferì parlava della lunga devozione di un uomo ad un amico. Era scarno, misurato e crudo ma ripeté innumerevoli volte l’impresa che solo i più grandi autori sanno compiere: scrisse scene che avevano l’aria di non essere mai scritte prima. (…) Hammett inoltre ha dimostrato che il giallo può essere letteratura “importante”. The Maltese Falcon può essere un’opera di genio come può non esserlo, ma un’arte che è in grado di produrlo non ha, in “teoria” alcuna limitazione. Quando un romanzo poliziesco arriva ad essere così bello solo i pedanti negheranno che “potrebbe” essere ancora più bello.» (Raymond Chandler, La semplice arte del delitto.)


Rymond Chandler
Raymond Chandler (1888-1959), scrittore, grande ammiratore di Hammett, diviene l’autore simbolo del genere hard-boiled, consegnandoci forse l’ispettore privato, protagonista maschile, più iconico di sempre: Philip Marlowe. Uomo dai modi bruschi ma amante della poesia e degli scacchi, grande bevitore di Bourbon, fumatore accanito, vive da solo e relega le donne a brevi amori e incontri fugaci. Ricerca la verità a ogni costo, fino a pagarne con la propria incolumità. Marlowe, che appare per la priva volta in The Big Sleep (1939), «non ragiona deduttivamente e non dispone di un’ordinata visione del mondo: il suo è piuttosto l’atteggiamento di un malinconico pistolero che cerca di fare la cosa giusta, non senza una certa dose di cinismo, ferite e autoironia, in un mondo che non è assolutamente possibile salvare.» (E. Carta, Breve storia della letteratura gialla, cit., p. 91)
«[…] i romanzi di Chandler esprimono un esplicito atto d’accusa contro la società del benessere, contro il mito americano del successo, riproponendo al tempo stesso il classico tema de “les malheurs de la vertu et les prospérités du vice” e rovesciando uno degli assiomi della narrativa poliziesca: il delitto non paga. In realtà, afferma implicitamente lo scrittore, è l’onestà che non paga. L’onestà porta inevitabilmente al fallimento economico e all’isolamento sociale.» (F. Gozzi, Raymond Chandler e la semplice arte del delitto, «Studi Americani» (16), 355–393.). Chandler infatti sente sulla sua pelle il malessere del suo tempo, schiacciato da una realtà a cui non sente di poter appartenere.
Due curiosità: The Big Sleep nel1939 vende 18.000 copie. Quando viene ripubblicato da Avon in edizione tascabile, le tirature arrivano a 450.000 (Widdicombe 5).
Nel 1946 da questo romanzo viene tratto un film di Howard Hawks, interpretato da Humphrey Bogart che entrerà nel mito di Hollywood proprio interpretando Philipp Marlowe.
It was about eleven o’ clock in the morning, mid October, with the sun not shining and a look of hard wet rain in the clearness of the foothills. I was wearing my powder-blue suit, with dark blue shirt, tie and display handkerchief, black brogues, black wool socks with dark blue clocks on them. I was neat, clean, shaved and sober, and I didn’t care who knew it. (R. Chandler, Big Sleep, scena 1)
Inserto 2: The simple art of murder
«L’uomo che deve percorrere queste misere strade non deve essere egli stesso misero, né timoroso né sporco. Il detective di questo tipo di storia deve essere semplicemente un uomo, Lui è l’eroe, lui è tutto. Deve essere un uomo completo, un uomo comune e un uomo insolito. Lui deve essere, per usare un’espressione obsoleta, un uomo d’onore, per istinto, per necessità, senza pensarlo e senza ammetterlo. Deve essere il miglior uomo del mondo e sufficientemente uomo per ogni mondo… La storia è l’avventura di quest’uomo alla ricerca della verità, e non ci sarebbe avventure se non ci accadesse ad un uomo adatto all’avventura. Deve avere una consapevolezza tale da sbigottirti, ma questo gli appartiene per diritto, perché lui appartiene al mondo in cui vive. Se ci fossero abbastanza uomini come lui, il mondo sarebbe un posto sicuro dove vivere e non troppo noioso per viverci.» (R. Chandler, The Simple Art of Murder, p. 30.)
Il lungo addio
Nessun sentimento era quello giusto. Mi sentivo vuoto e solo come lo spazio tra le stelle. Fuori nella notte per un migliaio di crimini diversi le persone stavano morendo, venivano mutilati, sfregiati da vetri volanti, schiacciati dalle ruote delle macchine o sotto pesanti abiti. La gente veniva picchiata, rubata, strangolata, stuprata e uccisa. La gente era affamata, malata, annoiata, disperata per la solitudine, il rimorso o la paura, arrabbiata, crudele, eccitata, scossa dai singhiozzi. Una città non peggiore di altre, una città ricca, forte e piena d’orgoglio, una città perduta e ferita, piena di vuotezza. Tutto dipende da dove stai e da dove si trova il tuo posto privato. Io non ne avevo. A me non interessava. (R. Chandler, The Long Goodbye, Ballantine, New York, 1973, p. 39.)
Il grande sonno
Erano quasi le undici di una mattina di mezzo ottobre, senza sole e con una minaccia di pioggia torrenziale nell’aria troppo tersa sopra le colline. Portavo un completo azzurro polvere, con cravatta e fazzolettino blu scuro, scarpe nere e calze nere di lana, con un disegno a orologi blu scuro. Ero ordinato, pulito, ben raso e sobrio, e non me ne importava che la gente se ne accorgesse. Sembravo il figurino dell’investigatore privato elegante. Andavo a far visita a un milione di dollari. (R. Chandler, Il Grande Sonno, p.13)






Mickey Spillane
Frank Morrison Spillane, noto come Mike Spillane, (1918-2006) fu uno scrittore, sceneggiatore e fumettista americano. Se dovessimo cercare il più duro e cattivo del genere hard-boiled non potremmo non citare Mike Hammer, il suo detective e alter ego. I, the Jury (1947), pubblicato in Italia col titolo Io ti ucciderò, è un capolavoro del genere, con una dose di cinismo e violenza portata all’estremo. Il disprezzo per la legge, la consapevolezza della impossibilità di giungere a una giustizia pubblica sono evidenti già dal titolo. Sciascia, a proposito di questo libro scrisse che il libro si è «venduto in milioni di copie: il che è brutto segno» (cfr. L. Sciascia, Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo, cit., p. 70).


Edogawa Ranpo
Edogawa Ranpo 江戸川乱歩14 (1894-1965) scrittore e critico letterario giapponese, è considerato il più importante autore di gialli, in particolare della detective fiction giapponese, ma contribuisce anche allo sviluppo dell’hard boiled: nei suoi racconti troviamo tematiche nuove, quali il voyeurismo, il disturbo di personalità multipla, il sadomasochismo e l’erotismo. Pubblica spesso sulla rivista «Shinseinen», 新青年 («La nuova gioventù»), che esattamente come «Black Mask» e le altre, era destinata a un pubblico prevalentemente giovane e maschile.
Ne La lucertola nera appare il celebre Akechi Kogorō, l’investigatore simbolo di Edogawa Ranpo, ispirato a Sherlock Holmes. Alto, con sopracciglia folte, sofisticato ma eccentrico, è rispettato dalle forze di polizia di tutto il paese a tal punto che spesso viene interpellato per la risoluzione di casi particolarmente complessi. Nonostante la forte dose di crimini e criminalità, gli scritti di Rampo si caratterizzano per una venatura soprannaturale.
«Bene, miei cari lettori, quanto raccontato finora è il cosiddetto prologo della nostra storia. D’ora in poi, la scena si trasferisce a Tōkyō, dove fra poco si alzerà il sipario su uno dei più strani casi criminali di sempre.» (E. Ranpo, Il vampiro)


Matsumoto Seicho
Matsumoto Seichō 松本清張, scrittore e giornalista(1909-1992) è forse l’autore che più si avvicina al genere hard-boiled, preferendo infatti una rappresentazione realistica della società, che tra l’altro diviene il vero soggetto e la causa del crimine stesso. L’autore tratta delle problematiche più serie della società giapponese, come la corruzione, gli scandali sessuali, l’economia.
Nel 1958 pubblica il suo libro di maggior successo, Ten to sen 点と線, tradotto in italiano prima come La morte è in orario e successivamente con il titolo Tokyo Express, in cui l’ossessione per orari, linee e treni rende complessa la soluzione di un crimine efferato.
«Realismo estremo, precisione quasi maniacale. Nonostante la trama spazi attraverso tutto il Giappone, ripercorso interamente da nord a sud, Ten to sen risulta quasi claustrofobico. Vengono proposte decine di soluzioni possibili per muoversi tra i vari luoghi; tuttavia, la storia riesce facilmente a far sentire intrappolato il lettore in quel paradossale groviglio di precisione. I treni diventano simbolo del veloce e invasivo sviluppo urbano del dopoguerra giapponese. Moderni, veloci, alienanti, in un viaggio che non si ferma mai. L’impegno sociale di Matsumoto riesce qui a impregnare la detective fiction.» (Giulia Neri, Il romanzo hard boiled in Giappone: l’interpretazione di Kirino Natsuo 2018)


Guardo l’orologio. È l’una e trentasei del pomeriggio. Scorro le pagine dell’orario in cerca di una stazione che porti i numeri 13:36. Trovo la stazione di Sekiya sulla linea Echigo, il treno 122 è in arrivo. Anche ad Akune, sulla linea Kagoshima, i passeggeri stanno scendendo dal treno 139. A Hidamiyata è arrivato l’815. A Fujiu, sulla linea San’yō; a Ida, nello Shinshū; a Kusano, sulla linea Jōban; a Kitanoshiro, sulla linea Ōu; a Ōji, sulla linea Kansai: in ciascuna di queste stazioni c’è un treno fermo sui binari. E così, nel mio letto, mentre seguo con gli occhi i movimenti delle mie dita sottili, vedo, in un solo istante, i treni fermi dell’intero paese. (M. Seiko, Tokyo Express)
Giorgio Scerbanenco
Giorgio Scerbanenco (1911-1969), scrittore e giornalista di origine ucraina, può essere considerato il faro dell’hard boiled all’italiana. Di se stesso e della propria letteratura scisse «la vita è un pozzo delle meraviglie. C’è dentro di tutto, stracci, brillanti e coltellate alla gola». Condivide con i colleghi americani una certa insoddisfazione verso un mondo moderno sempre meno privo di morale, pur non mancando nei suoi romanzi atti di coraggio e di umanità.
«[…] una delle principali caratteristiche delle opere poliziesche di Scerbanenco è proprio la complessità dei sentimenti e dei moventi umani, nonché la complessità stessa della vita di una città, Milano, che costituisce la più frequente ambientazione in seguito alla caduta del regime fascista. Una Milano fredda, feroce, corrotta, spesso sezionata acutamente attraverso gli occhi del principale eroe della narrativa di Scerbanenco, l’ex medico e investigatore Duca Lamberti», (Claudia Donin, Il romanzo poliziesco da Edgar Allan Poe ad Andrea Camilleri Il genere, le caratteristiche, la figura del detective 2022 http://hdl.handle.net/10579/21371)
C’è qualcuno che non ha ancora capito che Milano è una grande città, non hanno ancora capito il cambio di dimensioni, qualcuno continua a parlare di Milano come se finisse a Porta Venezia o come se la gente non facesse altro che mangiare panettoni o pan meino. Se uno dice Marsiglia, Chicago, Parigi, quelle sì che sono metropoli, con tanti delinquenti dentro, ma Milano no, a qualche stupido non dà la sensazione della grande città, cercano ancora quello che chiamano il colore locale, la brasera, la pesa e magari il gamba de legn. Si dimenticano che una città vicina ai due milioni di abitanti ha un tono internazionale, non locale; in una città grande come Milano, arrivano sporcaccioni da tutte le parti del mondo e pazzi, e alcolizzati, drogati, o semplicemente disperati in cerca di soldi che si fanno affittare una rivoltella, rubano una macchina e saltano sul bancone di una banca gridando: “Stendetevi tutti per terra”, come hanno sentito che si deve fare. (Traditori di tutti 1966).
Chi parla è appunto il detective Duca Lamberti, figlio di un agente di polizia, un ex medico emiliano di Parma dal trascorso burrascoso (passa tre anni in carcere per aver praticato l’eutanasia a un’anziana inferma), spesso violento (ricorda i romanzi di Spillane e il realismo di Chandler) ma con un forte senso di giustizia che lo pone in lotta contro la criminalità organizzata di Milano, svelando di quest’ultima un volto diverso da quello che eravamo abituati a conoscere.
Con i suoi colleghi americani condivide infatti la descrizione precisa delle strade di una città malata, ma anche il rendiconto preciso di imprese violente e l’uso di un linguaggio crudo, gergale, machista, a cui aggiunge ovviamente dialettismi autoctoni.


Nuovi approdi
Per concludere citiamo due autori, ma soprattutto due libri che, pur essendo posteriori rispetto all’epoca d’oro dell’hard-boiled ne richiamano le ambientazioni, lo stile o quanto meno la vocazione.
Joseph Nicholas Gores, più noto come Joe Gores (1931-2011), scrittore statunitense di gialli, che come il suo scrittore di riferimento Hammett è stato anche un investigatore privato. L’ammirazione per Hammett è tale che, non solo lo influenzerà nel suo stile di scrittura ma, nel 1975, lo spingerà a dedicargli un libro sui generis: Hammet, cacciatore di uomini. A metà tra biografia e crime story, il romanzo vede come protagonista lo stesso Dashiell Hammett. L’ambientazione e lo stile sono in puro hard-boiled.
Girando nei vicoli più sordidi e nelle topaie più malfamate della Chinatown di San Francisco, l’investigatore si accorge di aver paura e questo lato umano scoperto dopo tante avventure connota di una tragica grandezza la sua figura.
L’altro capolavoro assoluto, a detta dei fanatici del genere, è Spade&Archer: prequel de Il falcone Maltese. Il romanzo inizia infatti con le dimissioni di Sam Spade dall’agenzia di investigazioni di cui lavorava, per mettersi in proprio. La ricostruzione della San Francisco degli anni venti e l’inserimento di personaggi presenti ne Il falcone Maltese, fa di questo testo una vera perla.



James Ellroy, pseudonimo di Lee Earle Ellroy (1948), è uno scrittore statunitense. Come Gores individua in Hammett il creatore del genere hard-boiled. «Hammett è stato il nostro primo grande artista hard-boiled. Ha volgarizzato l’idioma americano e reinventato il nostro slang. È il linguaggio del disprezzo e dell’esagerazione. Hammett ha decostruito il mito del maschio di frontiera e lo ha riformulato come estraniamento urbano». (J. Ellroy)
Dalia nera, in pieno stile hard-boiled e ambientato negli anni quaranta a Hollywood, si basa su una storia di cronaca nera realmente accaduta che l’autore rielabora, aumentandone la dimensione cruda, inquieta e violenta dell’intera faccenda. La macabra fine della vita di una giovane donna, la Dalia Nera appunto, finisce per rappresentare la metafora di una Los Angeles ferita a morte.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
ELEONORA CARTA, Breve storia della letteratura gialla, Graphe.it 2019.
RAYMON CHANDLER, The Simple Art of Murder, Ballantine, New York 1977.
PHILIP DURHAM, «Introduzione» a R. Chandler, Killer in the Rain, Penguin Books 1966.
CINZIA SCARPINO, Anni Trenta alla sbarra. Giustizia e letteratura nella Grande Depressione, Ledizioni, Milano 2016.
LEONARDO SCIASCIA, Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo, Adelphi, Milano 2018.