Voliamo insieme, amore mio. La storia di Bella e Marc Chagall.

di Gilda Diotallevi

Esiste un sogno in cui un uomo passeggia libero, tenendo per mano una donna che vola. Con lei, pian piano, anche lui si solleva da terra. 

È la storia di Moishe Segal e Bella Rosenfeld, in cui il reale e l’onirico si intrecciano di continuo, in cui il confine tra fisica e metafisica è oltrepassato grazie a un amore invisibile ed eterno che si tinge di mercurio scintillante, di un anima blu. 

L’incontro tra la giovanissima Bella e il pittore Marc non è pura contingenza, è al contrario il segreto più intimo della loro arte. Essi condivisero il lampo dei reciproci sguardi e da quel momento in poi vita ed esperienza artistica divennero un tutt’uno. Il loro è un modo particolarissimo di esprimersi, è un vibrante coacervo di tradizione, cultura, religione e carattere.

Un tale amore è capace di situare l’altrove più vicino, di renderlo visibile ai nostri occhi, lì, impresso su tele e confuso in parole e confessioni. Esso diviene così il fulcro di tutta la loro arte, motore di una ricerca continua in cui i materiali, i colori e le parole stesse altro non furono che strumenti e fraseggi di un unico dialogo. Marc parla a Bella e la sospende nel cielo, la rende elemento centrale dei suoi paesaggi. Lei, nello splendore della sua tradizione ebraica, è presente tra le righe dei suoi scritti e parla di lui. Lei è la sposa, è il blu, perché «Tutti i colori, salvo il blu oltremare, si bruciano e si ribruciano». (M. Chagall, La mia vita p.154)

Vitebsk, 1909

La loro storia è vera, terrena, nonostante ciò che li legherà sembrerà trascendere il tempo. Si incontrano nel 1909 nella loro città natale di Vitebsk. Marc è un giovane di umilissime origini che non vuole accettare ciò che il destino sembra aver scritto per lui, quello di commerciare aringhe come il padre. Lui vuole altro, vuole dipingere e prova a farlo con la sua vena artistica, la sua inesperienza e un notevole talento naturale. Bella è ancora più giovane, proviene da una famiglia benestante ed è una brillante studentessa. Non sarebbero dovuti stare insieme, eppure da subito una forza magnetica e luminosa li unisce, abbattendo pregiudizi, divieti e ostracismi da parte soprattutto della famiglia di lei. 

Quel primo incontro fu così determinante per le loro vite da rimanere impresso nelle memorie di entrambi. Ed è interessante poter ricomporre quel singolo momento grazie alla descrizione che ognuno dei due amanti ne fa nelle rispettive autobiografie. Una rammemorazione che riaffiora con tonalità differenti ma che svela un destino predeterminato, una malia reciproca a cui non si sarebbero potuti opporre.

La versione di Moishe Segal

A farli conoscere è Thea, un’amica comune, compagna di giochi per Bella e modella per Marc.  Lui è a casa di Thea e sta riposando su un divano, quando suonano alla porta è infastidito, non vorrebbe essere disturbato. Ma all’improvviso arriva lei.

la visita di quella fanciulla sconosciuta e la sua voce musicale, si direbbero dell’altro mondo, mi sconvolgono. Chi è, ho paura. Non voglio conoscerla, avvicinarmi a lei[…] mi guarda appena e se ne va. Usciamo, Thea e io, a passeggio. Sul ponte la incontriamo di nuovo. È sola, completamente sola. Bruscamente sento che non è con Thea che dovrei essere, ma con lei!

Il suo silenzio è il mio. I suoi occhi, i miei. È come se mi conoscesse da sempre, come se sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio avvenire; come se vegliasse su di me, mi capisse perfettamente, sebbene la veda per la prima volta. 

Sentii che era lei la mia donna. Il suo colorito pallido, i suoi occhi. Come sono grandi, tondi e neri! Sono i mei occhi, la  mia anima. Thea mi parve indifferente, straniera. Sono entrato in una casa nuova e non ne sono più uscito. (M.C.p. 81)

Da quel primo incontro passano quasi quattro anni prima che i due giovani possano rivedersi. Lui si trasferisce a Parigi e nonostante le difficoltà, e lo stato di povertà assoluta in cui vive, in quel periodo si forma come artista. «Mi sembrava di scoprire tutto. Ma non era solo nel mestiere che cercavo il senso dell’arte.[…] Altre forze erano in gioco. […] Nessuna accademia avrebbe potuto darmi tutto ciò che ho scoperto mordendo le mostre di Parigi, le sue vetrine, i suoi musei». (M.C.)

Nonostante la guerra imminente, lui vuole tornare in Russia, «Volevo rivedere lei. ..alla fine del mio soggiorno a Parigi non restava che un fascio di lettere. Ancora un anno e tutto, forse, sarebbe finito tra noi due». Ma lei è lì ad aspettarlo. La magia non è affatto sparita e così vogliono sposarsi nonostante la famiglia di Bella non approvi tale unione: lei benestante, lui figlio di un commesso, e per di più pittore. Marc fa spesso riferimento alle meravigliose tavole imbandite che trovava a casa della sua amata. Lì si preparavano torte enormi alle mele, al formaggio, al papavero alla cui sola vista Marc si sentiva svenire. «A casa nostra, invece, una semplice natura morta alla maniera di Chardin. Il loro padre si abbuffava di uva, il mio di cipolla;».(M.C.)

Fino all’ultimo la madre di Bella cerca di dissuaderla«Senti, mi sembra che si metta anche del rosso sulle guance. Che marito potrà mai essere questo ragazzo rosa come una fanciulla? non saprà mai guadagnarsi il pane-[…] perirai per nulla figlia mia, per di più è un artista. Che cos’è?»

Ma che farci se lei vuole così. Che farci se entrambi si erano scelti, se Marc per lei ha parole bellissime, se lei è capace di illuminare la vita di entrambi. 

Io aprivo soltanto la finestra della stanza e l’aria azzurra, l’amore e i fiori entravano con lei. Tutta vestita in bianco o in nero lei vola da molto tempo attraverso le mie tele, guidando la mia arte.(M.C. p. 125)

Così la loro unione a poco a poco, dall’essere motivo di ispirazione artistica, diviene essa stessa arte. Ricerca inquieta di un equilibrio ostacolato principalmente dal difficile momento storico che entrambi si trovano a vivere. Lui, ebreo russo, fin dalla giovinezza subisce le discriminazioni razziali degli zar, presagio di una più violenta persecuzione operata dal nazismo, che lo renderanno inquieto, «sento che tutto in me si torce, che io cammino in maniera strana sulla terra», «sono sempre inquieto e turbato da un nonnulla», «ne’ la Russia imperiale, ne’ la Russia dei soviet hanno bisogno di me. Io sono incomprensibile per loro». (M.C.) L’unico suo punto fermo è la sua anima, lì dove risiede Bella pronta a vegliare lui e le sue opere. 

Il segreto che si nasconde dietro la loro chimica relazionale è proprio questo, un connubio di amore, tradizione, cultura ebraica e ferrea volontà. Loro non solo si stimolano e si aiutano nei rispettivi lavori, «Non finisco quadro o incisione senza chiederle il suo si o no»scrive Chagall, ma trovano nel senso del loro amore la chiave per la propria direzione artistica.

«Avevo l’impressione che noi vagassimo ancora sulla superficie della materia, che avessimo paura di tuffarci nel caos, di spezzare, di rovesciare sotto i piedi la superficie usuale». (M.C.)

Potrebbe individuarsi proprio qui il punto da cui tutta l’arte e la vita di Chagall si muovono. Il vero arcano. Una rivolta silenziosa e politica contro il già costituito in arte e contro una situazione storica così drammatica. 

Fin da giovane subì e comprese il peso dell’antisemitismo, costretto a scappare da un paese all’altro, senza sentirsi mai a casa, se non vicino a Bella. Vietbesk, la città natale di entrambi fu a lungo scossa da rastrellamenti e incendi. Bruciarono le case dei loro vicini e perfino la sinagoga. La famiglia di lei subì furti e i cekisti, armati di fucili, continuarono a bucare pareti per cercare tesori. Ma anche fuori da Mosca la situazione non migliorò, i due dal giorno del loro matrimonio cambiarono infinite case. Vivevano in ripari umidi, con la neve che cadendo arrivava anche sul letto. E Bella, sempre abituata al benessere, non si lamentava. Per acquistare il latte per la sua piccola, la loro unica figlia, un giorno decise di portare i suoi gioielli al mercato e lì la milizia arrivò ad arrestarla. Anche Marc non si lamenta. Sapeva di stare bene e il resto a lui non interessava. Sapeva di poter ancora sollevarsi da tutto quel dolore, di poter uscire dalla finestra mano per la mano con Bella.

Nell’arte fu lo stesso, non comprendevano il suo modo di dipingere pur intuendone il talento. Chagall infatti si discosta dal cubismo, dal fauvismo, e, pur ispirandosene, non appartiene a nessun movimento artistico. Perché lui reagisce in modo differente, scompone e ricompone ogni accaduto secondo i propri sentimenti e ricordi. A quella dura realtà fatta di guerre, di persecuzioni e continue perquisizioni, all’affronto di vedersi a Mennheim bruciare le sue opere per mano dei nazisti, all’angoscia di non poter mai trovar rifugio, lui risponde con un nuovo linguaggio, si solleva da terra. A tanto dolore Chagall contrappone il sogno, l’amore, la spiritualità. 

«Chagall insegue la bellezza del sogno, la sua purezza. Nel sogno raggiunge ciò che è soprannaturale, magico, miracoloso», scriverà Adorno.

In altre parole rifiuta la distanza tra l’amore e il presente, tra la trascendenza e la carne e affida il suo animo a un volo. «Ho voluto collocare lassù in alto, come in un mazzo, i sogni e le creazioni degli interpreti e dei musicisti. Ho voluto cantare senza teoria, senza metodo, come un uccello». (M.C.). Così si esprimeva lo stesso Chagall a proposito della cupola de l’Operà di Parigi che aveva decorato. Il mutamento del proprio codice linguistico non provoca solo una conseguenza artistica, ma dà vita a una nuova visione del mondo. Il suo, in fondo, è un manifesto politico. «Che potevo farci se gli avvenimenti universali mi apparivano unicamente da dietro la tela, attraverso il colore, il materiale, che s’inspessisce e vibra, come i gas mefitici? L’Europa comincia la guerra. Picasso finisce il cubismo. Che cosa importa la Serbia! Attaccare tutti quei contadini scalzi! Incendiate la Russia e noi tutti con lei…». (M.C.)

La versione di Bella Rosenfeld

La vita, ma soprattutto lo spirito, di Bella ci sono narrati dalle sue stesse memorie. Nel 1939, sconvolta dall’odio antisemita che credeva svanito nella rivoluzione del 1917, vuole salvare i propri ricordi, scrivendo un testo bellissimo, intenso e pieno di riferimenti della tradizione ebraica. «Mio Dio, è così difficile estrarre dai ricordi inariditi un frammento di vita! E come lo si può fare se questi scarni ricordi si estinguono e finiscono con me? Vorrei salvarli». (B. Chagall, Come fiamma che brucia, p. 6)

Chagall teme, in qualche modo, di aver oscurato il talento della sua amata, costretta ad abbandonare il suo lavoro per il teatro e a seguirlo prima in Francia e poi in America. Lei, che era stata musa, protagonista di molte delle sue tele e consigliera di tutto il lavoro, non se ne cura. Dal loro primo incontro una strana alchimia prese forma e, su sua stessa ammissione, Marc la faceva volare, mentre lei lo teneva con i piedi per terra. Dotata di grazia, intelligenza e carattere, si laureò in letteratura all’Università di Mosca, di solito non accessibile ai figli di ebrei e seguì sempre i suoi sentimenti, anche a dispetto della sua stessa famiglia.

Come era accaduto per Marc Chagall, anche per lei il loro incontro segnò un punto di svolta, un cambiamento che avrebbe condizionato la sua esistenza, così come la reciproca produzione artistica. Con una scrittura potente, una prosa immaginifica e mistica, Bella lascia una piccola parte di sé, una ulteriore traccia di una vita in continuo dialogo con il suo amato. Ed è assecondando questa loro dimensione privata che lei inizia il suo memoriale, come fosse scritto solo per Marc, E mi sono ricordata che tu, amico mio devoto, spesso mi chiedevi di raccontarti della mia vita, del tempo in cui ancora non mi conoscevi.(B.C.)

Il primo incontro con Chagall è descritto con grande suggestione anche da Bella. Lei è di ritorno da un viaggio e vuole correre subito dalla sua più cara amica per raccontarle ciò che le è accaduto. Si precipita a casa di Thea parlando con foga e ridendo. Ma all’improvviso si accorge che non sono sole, qualcuno le sta ascoltando. 

Chi è laggiù…ho paura. […] La porta, senza fare rumore si apre. Mi brucia la schiena. Sono inchiodata al mio posto. Ho paura di girarmi. Una fiamma sembra inseguirmi. La vedo scivolare lungo i muri. Un viso di ragazzo prende forma. Un viso bianco quanto la parete. (B.C.)

Lei è meravigliata, sa di non averlo mai visto prima e quello strano ragazzo Gesticola come se temesse di tornare sulla terra.Ha i capelli ricci, spettinati. Ma quando gli occhi si aprono un varco blu, venuti dal cielo. Occhi stranieri, non come quelli di tutti, lunghi, a mandorla. […] simili a un fauno. Bocca spalancata, non so se intenda parlare o mordere con i suoi denti bianchi e taglienti. Tutto in lui è movimento, come un animale a riposo pronto a spiccare un balzo in qualunque istante. 

Nessuno di noi dice una parola. Ognuno di noi sente battere il cuore dell’altro. (B.C.)

Bella è sconvolta, vuole scappare via da quella situazione e nonostante faccia del tutto per non pensare a quell’incontro, come un doppio, il viso del ragazzo mi accompagna, respira, mi sussurra all’orecchio. Lo caccio via, torno da un altro lato. Questo artista la cui immagine mi insegue è come una stella cadente. Non la si può afferrare. Lui non si lasica portare via così facilmente. È sconcertante. (B.C.)

Lei non vuole che qualcuno legga i suoi pensieri, osservi il suo viso dopo aver incontrato quello strano ragazzo. Aveva già conosciuto altri artisti, ma nessuno l’aveva impressionata così. Corre via, non vuole vedere né lui né la sua amica. Sente che ridono di lei. Ma li ritrova su un ponte, poco dopo. Non oso alzare gli occhi e affrontare  lo sguardo del ragazzo. I suoi occhi sono ora grigio-verdi, cielo e acqua. Per caso è nei suoi occhi o nel fiume che sto nuotando? (B.C.)

Quando parla mi sconcerta. Ogni parola sembra provenire da un mondo diverso. 

Lui vuole che lei guardi una nuvola. Da subito le parla come se lei conoscesse il suo linguaggio, come se potesse trasportarla nel suo mondo senza problemi. E lei capisce cheUna voce nuova mi risuona dentro, simile all’eco di un pozzo profondo. …un sogno profondo mi abbraccia. Comincio a vivere tutta un’altra vita. (B.C.)

Il compleanno

Dal primo momento si sono scelti, voluti, amati con purezza e passione. Si conoscono da pochi giorni, ma […] il suo viso viene alla deriva verso di me, […]Ma perché pensare a lui in continuazione?, mentre MarcMi parla come se mi vedesse tutti i giorni. Lei vorrebbe addirittura andar via, tornare nella sua casa, ma le gambe non ubbidiscono più. La guida è lui, quel giovane artista che si presenta con delle parole folgoranti, piomba come un fulmine a ciel sereno e spazza via i miei giorni tranquilli. (B.C.)

Così lei lo accoglie, da subito, nella sua interezza, lo circonda di grazia e affetto. Per il primo compleanno di Chagall, ancora giovanissima, Bella vuole festeggiarlo, «Mi ricordo ancora come mi scorticai le mani tentando, sopra una siepe, di strappare dei fiori azzurri dal gambo lungo».Si reca sul fiume, dove vive lui e dove, per la prima volta lei ispirerà uno dei quadri più celebri dell’artista. 

Ho ancora i fiori in mano. Non riesco a stare ferma.[…]Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia…Mi sfiori l’orecchio e mormori…, scrive Bella Rosenfeld nelle sue memorie. Mentre lui semplicemente le domanda Tornerai domani? Dipingerò un altro quadro…Voleremo via.

E lo hanno fatto, si sono innalzati sopra l’orrore delle guerre, sopra la povertà e le ingiustizie dell’antisemitismo, hanno attraversato campi di fiori, cortili, sinagoghe e hanno volteggiato, insieme, combattendo con l’amore e l’arte. 

Il tuono rimbombò

All’improvviso però, dopo essersi trasferiti in America, Bella contrae una malattia e muore. «Il tuono rimbombò, un diluvio si abbatté alle sei di sera del 2 settembre 1944 quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebra». (M.C) Tutto il mondo di Marc si sgretolata e l’unico luogo in cui potersi sentire a casa d’improvviso svanisce. Così la sua arte, che da sempre era stata illuminata e protetta quell’amore coinvolgente e segreto che custodivano. Lui non dipinge per quasi un anno e anche quando tornerà a vivere, a risposarsi, una certa malinconia lo accompagnerà per sempre.

Continuerà a celebrarla nei suoi quadri, a invocarla e soprattutto a dipingerla come un angelo, una misteriosa figura pronta a consolarlo. Come ne La notte verde,in cui lui, rosso di pianto e di disperazione, viene avvicinato dallo spirito di Bella, da quella donna meravigliosa che conosceva bene ma di cui dirà «Eppure avevo la sensazione che qualcosa in lei fosse custodito in disparte, inespresso. Lei scriveva come viveva, amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela. […] Aspetta, pensa e forse percepisce già altri mondi».(M.C.)

Bibliografia di riferimento

M. CHAGALL, La mia vita,SE, Milano 2012.
B. CHAGALL, Come fiamma che brucia, Donzelli, Roma 2012.

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