La libreria indipendente Le Storie prosegue la sua rubrica letteraria in collaborazione con fiorivivi.com dedicando maggio a KNUT HAMSUN.
A cura di Gilda Diotallevi

Knut Hamsun (Vågå, 4 agosto 1859 – Nørholm, 19 febbraio 1952) è stato uno scrittore norvegese, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1920 con il capolavoro Markens Grøde del 1917 (tr.it Il risveglio della Terra, 1945).
Il primo libro Den gaadefulde (1877), pubblicato all’età di diciotto anni, riporta il suo vero nome Knut Pedersen Hamsund. Nel 1884, dopo aver incontrato Mark Twain e aver scritto un articolo su di lui, per un errore di stampa uscì con il nome di Hamsun, senza la d finale. Da quel momento questo sarà il nome con cui firmerà tutte le sue opere.
Personaggio controverso, le cui dichiarazioni politiche obbligano il lettore a riflettere sulla distanza tra opera e autore. Senza la presa in carica di tale scarto si rischia di fermarsi alla soglia del giudizio e di non abbracciare la bellezza del linguaggio, dei temi, così come la grandezza dei suoi testi.
Fulminante è l’esordio della biografia (Enigma: the life of Knut Hamsun) che Robert Ferguson pubblicò nel 2011,
«Se ne hanno mai sentito parlare, le persone tendono a sapere due cose su Knut Hamsun: che ha scritto Hunger e che ha incontrato Hitler. Chi ne sa un po’ di più sa che con Hunger, Mysteries e Pan ha prodotto romanzi che hanno avuto un effetto decisivo sulla letteratura europea e americana del XX secolo».
Il critico letterario Carlo Bo negli anni Ottanta scrisse:
«Hamsun conobbe la fame e ne fece un romanzo. La fame, le carestie, i flagelli dell’umanità hanno da sempre costituito materia per gli scrittori ma diverso è stato il modo delle loro restituzioni. Per esempio, chi ricorda Fame, il libro famoso di Hamsun capisce subito ciò che vogliamo dire. È un libro che ha quasi un secolo e ha dato la gloria al suo autore. Hamsun era nato nel 1859 da una famiglia di contadini norvegesi e aveva avuto una educazione molto dura e severa, soprattutto per opera di uno zio pietista. È stato questo inizio contrastato e difficile a segnare per il resto della sua vita lo scrittore che ha dovuto esaltare lo spirito libertario e condannare i vincoli e le regole della società borghese. Per certi aspetti Hamsun assomiglia a molti scrittori americani che hanno fatto della loro vita il primo mondo di letterati: avventure, lavori di tutti i generi e una grande miseria. Hamsun ha fatto due grandi soggiorni negli Stati Uniti fra il 1882 e il 1887, sempre alla ricerca della fortuna e con il premio della miseria. Fame nasce direttamente da queste sue prime esperienze ed è nello stesso tempo invenzione e restituzione, creazione e memoria»
Sult (1890, The Hunger)


Su di lui
I primi a comprendere la grandiosità di Hamsun sono stati proprio gli scrittori che in lui hanno trovato un riferimento, il precursore di tutta la letteratura del secolo scorso o, per usare le parole di Isaac Bashevis Singer, «il padre della moderna scuola di letteratura in ogni suo aspetto: la sua soggettività, la sua frammentarietà, il suo uso di flashback, il suo lirismo». I suoi romanzi fondamentali rappresentano un ceppo di radici dell’albero genealogico letterario più ribelle e controverso.
Thomas Mann nel 1929 scrisse che il premio Nobel per la letteratura non fosse mai stato assegnato a uno più degno.
Henry Miller lo definì «il Dickens della mia generazione»,mentreHermann Hesse «il mio autore preferito».
Lo leggono tutti, dagli scrittori russi come André Bely a Kafka, Brecht, Gorky, Wells, Musil, fino ad Andrè Gide che lo riteneva superiore addirittura a Dostoevskij.
Ernest Hemingway sosteneva che «Knut Hamsun mi ha insegnato a scrivere».
Addirittura John Fante, che non aveva mai fatto mistero di come il libro Pan fosse per lui l’inizio di tutto, nel capitolo 22 del suo capolavoro Ask the dust , scrive
«Aprii una valigia e tirai fuori una copia di Fame di Knut Hamsun. Era un oggetto conservato gelosamente, sempre con me dal giorno che lo avevo rubato alla biblioteca di Boulder. Lo avevo letto tante di quelle volte, che potevo recitarlo… mi sedetti davanti alla macchina da scrivere e mi soffiai sulle dita. Per favore, Dio, non abbandonarmi, per favore, Knut Hamsun, non abbandonarmi».
Lo stesso titolo del libro trova ispirazione da ciò che Hamsun scrisse quarantacinque anni prima:
«Chiedilo al vento e alle stelle, chiedilo al Dio della vita […] Chiedilo alla polvere della strada e alle foglie che cadono, chiedilo all’enigmatico Dio della vita, perché nessun altro può saperlo».
Anche Bukowski lo inserì in un suo testo:
«Le dissi che Knut Hamsun era il più grande scrittore del mondo. Lei mi guardò, stupefatta che avessi sentito parlare di lui, poi si dichiarò d’accordo. Ci baciammo lì sulla veranda».
Eppure ancora oggi è un autore poco citato, il cui contributo nella letteratura del xx secolo fu sicuramente oscurato dalle sue idee politiche, da quella prigione in cui, intellettualmente, fu relegato.
Scrivere
La lingua deve risuonare con tutte le armonie della musica. Lo scrittore deve sempre, in ogni occasione, trovare la parola palpitante che cattura la cosa e che è capace di ferire la sua anima fino alle lacrime per la sua esattezza. La parola può essere trasformata in un colore, in un suono, in un odore. É compito dello scrittore usarla in modo tale affinché la parola sia efficace, mai errata, e non rimbalzi. Lo scrittore deve essere capace di divertirsi e di inebriarsi nell’abbondanza delle parole. Deve conoscere non solo la forza diretta della parola ma anche quella segreta. Vi sono ipertoni e sottotoni in una parola ed anche echi laterali.
(K. Hamsun, 1888).
Fin da subito Hamsun dimostra una passione per la lingua, per la vita segreta delle parole, tanto che Kristofer Janson (scrittore e predicatore che lo aveva conosciuto da giovanissimo) riportò la «passione patologica per la bellezza estetica» di cui sempre parlava Hamsun.
«Poteva fare salti di gioia ed entusiasmarsi per un giorno intero per un aggettivo originale, particolarmente espressivo, che aveva trovato in un libro o aveva creato lui stesso».
La stessa Marie, la moglie, testimonia il dolore e la gioia che lo scrivere procurava a Hamsun. Adesso vedremo di che cosa sono capace: la vita, la morte o la putrefazione, scrisse in una lettera a Marie che di contro era certa che il suo amore per lui non fosse la vera felicità per Knut.
«Il mio amore era senz’altro un ingrediente dell’atmosfera di cui aveva bisogno per arrivare alla vera felicità. Ma capivo che quando lui, come ora, non poteva iniziare il suo lavoro, non c’era niente che potesse controbilanciare la situazione».
E così era sempre stato, perché scrivere era la risposta spirituale al mondo ostile e materialistico in cui era immerso. Nella sua lunga vita svolse lavori diversi, come sterratore, come commesso in un negozio, come autista di tram a Chicago e perfino conferenze, con il solo scopo di poter scrivere.
Leggere

Fin da piccolo Hamsun fu sottratto alla sua stessa infanzia e costretto a lavorare, trovando nei libri l’unico modo per alleviare la sua profonda solitudine. A parte la frequenza occasionale a una scuola itinerante, non aveva ricevuto nessun altra istruzione formale. Nel 1927 in una intervista Knut interrogato su quale fosse il suo libro preferito rispose Non mi piacciono i libri, sostenendo, seppur provocatoriamente, che a tutta la letteratura e il teatro preferiva senza dubbio i diari di viaggio, i racconti di caccia, le memorie, le corrispondenza e i libri di storia. In una lettera al suo amico Albert Engström, Hamsun scrisse:
Presto inizierò il libro tibetano di Hedin, queste cose sono una lettura meravigliosa; ma i romanzi e le opere teatrali mi nauseano.
(Lettera 980).
L’unico scrittore verso cui si sente riconoscente è Dostoevskij che considera il giudice della mente umana per eccellenza.
Dostoevskij è l’unico poeta da cui ho imparato qualcosa, è il più potente dei giganti russi
(Lettera 1051 a Marie Hamsun, 1910).
Ancora nel 1895, mentre era a Parigi, nella corrispondenza con i suoi amici Bolette e Ole Johan Larsen, troviamo:
Se solo potessi mandarmi un libro di storia, Bolette. Dovrebbe essere un libro di storia, non romanzi, per l’amor di Dio. Ma un libro di storia, sai, su cose e tempi lontani. O un libro di viaggio su paesi lontani
(Lettera 359).
Ma a interessarlo particolarmente erano i diari di viaggio.
Diari di viaggio e libri di esploratori (sono) la mia lettura più preziosa
(Lettera 886).
Sono le persone con una buona testa che fanno queste cose. Non conosco un solo grande scrittore che non abbia: Goethe, Hugo, Bjørnson … Heine
(Lettera 1228).
Il suo diario di viaggio: In Wonderland

Nel 1903 Hamsun stesso scrive il diario di un viaggio che aveva intrapreso qualche anno prima, nel 1899, dopo una serie di rinunce e rimandi dovuti a problemi economici. Meraviglia come In Wonderland (I Æventyrland), nonostante sia stato tradotto in inglese, risulti uno dei libri meno conosciuti di Hamsun. Eppure in esso vi sono le grandi passioni del nostro, la Russia, la fuga dall’Occidente, dall’America caotica e materialista, il viaggio e la riscoperta di quel legame mistico, primitivo, essenziale che unisce l’uomo alla natura, tutti temi che troveranno poi forma nel suo scrivere di terre e viandanti. Perfino la radice della letteratura americana, incentrata sul desiderio di mettersi “on the road”, è da rintracciarsi in Hamsun e nella sua elaborazione del vagabondo, di un uomo alla ricerca di qualcosa che non troverà. Prendono vita nelle sue pagine personaggi che non sono radicati nella terra in cui nascono ma che si spostano di luogo in luogo compiendo un viaggio che ha come fine la trasformazione interiore. Esiste un filo conduttore che lega testi come Sotto la stella d’autunno del 1906, Vagabondi del 1927, Ultima gioia del 1912, l’ idea cioè di un viaggio che, nella sua più intima e dolorosa declinazione ricorre, seppur in forma metaforica, anche nel suo ultimo testo Paa gjengrödde stier (tr.it. Per i sentieri dove cresce l’erba) del 1962.
La direzione in cui si muove In Wonderland è controcorrente. Mentre in quel tempo è di gran voga il grand tour, come esercizio di crescita in avanti dell’uomo, Hamsun si muove a ritroso nel tempo, in linea con il culto dell’anti-intellettualismo e del primitivismo di fine Ottocento (si pensi a Gauguin alla ricerca della dimensione arcaica dell’esistenza). Il testo è pervaso da una atmosfera intima che travalica il puro spostamento territoriale e si concentra sulla promessa dell’Oriente, quella di poter fuggire dal caos e dal materialismo dell’Occidente, di poter mettere al bando intellettuali e artisti, alla riscoperta dell’essenziale, dei sapori più semplici, della vita di ogni giorno. Non meraviglia quindi che, nonostante Hamsun avesse viaggiato molto, era anche emigrato per due volte negli Stati Uniti d’America – nel 1882-84 e nel 1886-88, considerasse quello descritto nel suo diario, l’unico viaggio mai compiuto. La delusione che gli altri gli avevno procurato, disvelandogli un urbanesimo selvaggio e forme di democrazia come paravento della plutocrazia capitalista, (il suo sentimento per la modernità trova sfogo nel saggio La vita culturale dell’America moderna), lo spinsero nella direzione dell’inconscio, del mistero, del panismo.

Marie Hamsun

Marie Hamsun (1881-1969), seconda moglie di Knut, lo incontrò nel 1908 e da quel momento lasciò la sua carriera di attrice e si dedicò al marito per quarant’anni. Nei due memoires che scrisse, che al tempo furono veri bestsellers, sembra una donna controllata, adorante il marito.
Il primo, Regnbuen (The Rainbow, 1953) di quasi 400 pagine, parte dall’infanzia di Marie, proseguendo per la sua vita con Hamsun e finendo con la morte di lui avvenuta nel 1952. All’inizio del testo compare una commovente dedica a Knut:
«E quando si invecchia, il vagabondo si stanca, non alza la testa verso un nuovo giorno, il sentiero è diventato polveroso e pietroso. Ma per il mio sguardo velato, tutti i colori spezzati della vita raccogliersi come un arcobaleno su un unico nome: Knut Hamsun».
Il secondo Under gullregnen (Under the Laburnum Tree, 1959) è più breve e copre principalmente gli anni del dopoguerra, anche se include una serie di flashback. Anche questo secondo testo di memorie si chiude con un’altra espressione di devozione verso il marito
«‘Dio legge sulla mia spalla’, scrive Victoria. Knut legge sula mia, non ci sarà nulla sulla carta che posso immaginare mi avrebbe chiesto di cancellare».
[‘Gud leser det over min aksel’, skriver Victoria. / Det er Knut som leser over min, su papiret blir intet stående, som jeg kan tenke meg at han ville ha bedt meg stryke.]
Entrambe queste testimonianze, nonostante fossero ben scritte e lodevole fosse soprattutto lo stile della seconda biografia, non possono considerarsi molto affidabili nella ricostruzione della vita del nostro. Esse infatti tacciono volontariamente su alcuni eventi centrali, scomodi, distorcendone notevolmente altri.
Ragiona in tal senso anche Ferguson che, nella sua biografia di Hamsun, mette in dubbio la veridicità delle affermazioni di Marie, sempre incentrate a presentare il suo matrimonio idilliaco, incrinato solo nell’ultima parte della loro vita. A sostegno di ciò riporta l’intervista che il prof. Gabriel Langfeldt fece a Marie nel dicembre del 1945 in occasione del rapporto psichiatrico da stilare su Hamsun, al fine di stabilire l’idoneità o meno di quest’ultimo a prendere parte in Tribunale al processo per collaborazionismo.
Nonostante nelle poche pagine che testimoniano questa sua confessione Marie non disse nulla di così scabroso, e comunque circoscritto agli ultimi anni a ridosso del 1945, si intuisce che i problemi del loro matrimonio risalivano a molto tempo prima e che le tensioni e gli scontri avevano reso logorante il loro rapporto, soprattutto a causa della gelosia di Knut.
In sostanza Marie dichiarava che il comportamento di Knut dopo l’emorragia celebrale avvenuta all’età di 78 anni lo avesse cambiato, rendendolo aggressivo e denigrante nei suoi confronti. Dopo che Knut si era trasferito a Oslo, non c’era stata più fiducia tra loro. Lui la incolpava per ogni cosa, continuamente le ricordava quanto fosse deludente come persona, ma appena lei minacciava di divorziare lui la andava a ricercare.
Lei sperava che queste sue affermazioni non sarebbero state ascoltate dal marito, «se mio marito viene a sapere…non sarei in grado di vivere sotto lo stesso tetto con lui ancora!» ma, essendo diventate parte di un rapporto ufficiale, Knut aveva il diritto di prenderne visione. Come aveva giustamente predetto Marie, la reazione di lui fu violenta e rabbiosa. Anche in forza della estrema riservatezza di Knut che avvertiva oltraggiata, egli si sentì tradito e da quel momento si rifiutò di parlarle o di scriverle, la bandì dalla sua vita e la punì privandola anche di qualsiasi bene economico. Quando infatti anche Marie nell’autunno del 1948 finì di scontare la sua pena detentiva non si trovò più nulla e andò a vivere prima con il figlio, poi con la figlia fino a quando Knut, impietositosi, nel 1950 la fece tornare a Nørholm.
La discrepanza tra le memorie di Marie e la sua confessione circa la vera natura del matrimonio sembra trovare un bagliore di verità nell’ultimo atto della loro vita insieme: si fecero seppellire separatamente, cosa molto insolita per quei tempi. Quando chiesero a Marie la scelta della tomba lei risponde
«No, quello è il posto di Knut. Dovrebbe essere solo suo. […] Ho sempre desiderato che si riposasse a Nørholm. Il posto che mi aspetta è accanto al muro della chiesa» (Gjernes 183), come se fosse un desiderio di lei e non una richiesta di lui, come se, sottolinea Ferguson, alla fine avesse voluto affermare un certo controllo sulla propria vita e creare una distanza fisica tra di loro.
Appunti
- Per una bibliografia completa delle opere di Hamsun rimandiamo al lavoro svolto dal Centro Studi La Runa, in cui i testi sono indicati in ordine cronologico di pubblicazione italiana https://www.centrostudilaruna.it/knut-hamsun-bibliografia-italiana.html
- Suggeriamo inoltre la bellissima biografia Enigma: The Life of Knut Hamsun, dello scrittore Robert Ferguson del 1987.
- Per fare luce sulla questione politica legata a Hamsun ricordiamo Processo a Hamsun di Olov Enquist, pubblicato con Iperborea nel 1996, a quasi cinquant’anni di distanza dal processo, i cui passaggi e incartamenti venivano raccolti dal testo di Thorkild Hansen del 1978.
- Esistono diversi adattamenti cinematografici dei libri di Hamsun, ma consigliamo la visione di Hamsun (1996), diretto da Jan Troell, (con Max von Sydow, Ghita Norby, Anette Hoff), basato proprio sul testo di Thorkild Hansen.

- È inoltre visitabile la casa d’infanzia di Hamsun, divenuto un museo in cui trovare cimeli legati all’autore e alla sua famiglia. Hamsun Childhood House, 8294 Hamarøy, https://hamsunsenteret.no/en/home
E-mail: hamsunsenteret.booking@nordlandsmuseet.no
Telephone: +47 75 50 34 50
Scoglio (Knut Hamsun)
La barca scivola leggera
Verso lo scoglio,
un’isola di mare
di rive listate di verde.
Fiori selvatici crescono qui per
Nessuno in particolare
Si levano sconosciuti
e mi guardano approdare.
Il mio cuore diventa come
un giardino favoloso
con fiori simili a
quelli che saluto.
Si parlano,
e sussurrano stranamente,
con cenni e sorrisi
come in un incontro di bambini.
Serro le palpebre,
un lontano ricordo
verso di me
la mente attira.
La notte s’abbuia
Sull’isola
Solo il mare muggisce –
Il paradiso ruggisce.
Markens Grøde

Il lungo, lunghissimo sentiero fra gli acquitrini e le foreste, chi l’ha tracciato, se non l’uomo? Prima di lui, niente sentiero; dopo, di quando in quando, sulla landa e per le paludi, un animale seguì la via appena percettibile e la marcò con un’impronta più netta. Alcuni Lapponi, fiutata la pista della renna, cominciarono poi a servirsi del sentiero nelle loro corse di fjeld in fjeld. Così nacque il sentiero nell’Almenning, il vasto territorio senza padrone, la terra di nessuno.
L’uomo arriva, diretto verso il Nord. Ha con sé un sacco, il suo primo sacco, carico di viveri e di alcuni arnesi. E’ robusto e rude; ha la barba rossa e incolta; cicatrici sul viso e sulle mani testimoniano il lavoro o la guerra. Forse, fuggendo il castigo, cerca di nascondersi qui; oppure, forse è un filosofo che aspira alla pace: così è venuto, l’essere umano, in mezzo a questa spaventosa solitudine. Egli va e va. Attorno a lui, gli uccelli e gli altri animali che camminano o strisciano sulla terra. Talvolta, pronuncia alcune parole, come a se stesso: «Eh, mio Dio!». Quando ha varcato le paludi e giunge a una località più accogliente, in una piana aperta frammezzo i boschi, posa a terra il sacco e inizia l’esplorazione del luogo. Guarda, esamina; e in capo a un’ora, torna, rimette il sacco in ispalla e riprende il cammino. Così per tutta la giornata. Vede declinare il sole, la notte cadere. Si getta allora nella brughiera, e dorme, il viso protetto dal braccio piegato. Qualche ora ancora, poi riparte, «eh, mio Dio!», puntando sempre diritto al Nord; e vede di nuovo lo spuntar del sole. Si nutre di galletta e di formaggio di capra, si disseta al ruscello, e riprende la marcia.
Incipit tratto da Markens Grøde (tr.it. I frutti della terra o Il risveglio della terra)