R: LE STORIE D’AUTORE

La libreria indipendente Le Storie prosegue la sua rubrica letteraria in collaborazione con fiorivivi.com dedicando ottobre a Samhain

(a cura di Gilda Diotallevi)

Samhain

La ruota dell’anno rappresenta il ciclo annuale di festività stagionali adottato dalle religioni neopagane. Nello specifico l’anno celtico, basato sul calendario lunare invece che su quello solare, era diviso in due metà, a seconda del prevalere o meno della luce diurna. Quattro momenti erano quindi scanditi dagli equinozi (Mabon equinozio d’autunno; Ostara equinozio di primavera) e dai solstizi (Yule solstizio d’inverno; Litha solstizio d’estate), mentre quattro Sabbat erano associati ai cicli della natura (Imbolc, Beltrane, Lughnasadh, Samhain).

Tra tutti il momento sacro più significativo era proprio Samhain [‘Sa:win], celebrato tra il 31 ottobre e i primi giorni di novembre, corrispondente al capodanno celtico.

Esso rappresentava la fine di un ciclo naturale, in cui il raccolto e il bestiame vengono deposti in attesa di un nuovo inizio.

Secondo l’ordine cosmico il sorgere delle pleiadi, le stelle dell’inverno, segnava la supremazia della notte sul giorno, tanto che proprio in irlandese antico il termine Samhain si riferirebbe alla fine dell’estate. A favore di questa interpretazione la presenza del suo contraltare sacro. Nell’emisfero australe infatti il Samhain si celebra tra il 30 aprile e il 1 maggio, data che corrisponde, nell’emisfero boreale, alla notte di Valpurga.

In gaelico Samhain indica la fine del raccolto e l’inizio della parte invernale dell’anno. A fine ottobre infatti il lavoro nei campi era concluso e i contadini si riposavano. Ma era un momento centrale soprattutto per i pastori che praticano la transumanza (J.G.Frazer, The Golden Bough: A Study in Magic and Religion) i cui animali al pascolo nel periodo estivo dovevano essere ricondotti a valle. A differenza delle altre culture europee, come quelle mediterranee, i celti erano un popolo di pastori, la cui vita era quindi scandita dai tempi imposti dall’allevamento del bestiame. Con la stagione crepuscolare del freddo e delle tenebre, iniziava il tempo di maggiore sacrificio in cui le comunità dovevano prepararsi a sopravvivere all’inverno (N. Rogers, Halloween: From Pagan Ritual to Party Night).

Samhain era perciò un rito di passaggio che serviva non solo per propiziarsi le divinità, ma anche per esorcizzare l’arrivo delle tenebre, del freddo e del pericolo. Per comprendere quindi la natura e il senso di una tale ricorrenza si dovrà far riferimento proprio alla tradizione nord europea, in particolare al paganesimo celtico, alle leggende e al folklore popolare. Samhain risale infatti già al VI sec. a.C., se non prima, mentre dal X sec. compare nella letteratura irlandese. Come molti altri riti antichi, segna il corso della natura e si basa su una serie di pratiche che trascendono la singola origine geografica, per riscontrarsi, anche se in forme e momenti differenti, in moltissime culture.

Celebrandosi proprio a metà tra l’equinozio d’autunno e il solstizio d’inverno, Samhain era considerato un periodo liminare, in cui la notte avrebbe cominciato a vincere sul giorno, l’oscurità sulla luce, la stagione fredda sul periodo più caldo. Tale rinnovamento dell’anno a confine tra inizio e fine, la transizione quindi tra due realtà capace di annullare in un certo senso la dimensione del tempo e dello spazio, si pensava potesse facilitare ogni rito di passaggio.

L’aldilà celtico non è considerato completamente separato dal nostro e in questo momento poteva essere visibile la convergenza degli opposti, della vita e della morte, della conclusione e della sua rinascita. Secondo la mitologia irlandese Samhain era infatti il periodo in cui le porte dell’Altro mondo si aprivano, permettendo agli esseri soprannaturali e alle anime dei morti di entrare nel nostro. Mentre Beltrane era una festività simile ma per i vivi (apriva il regni delle fate, di quegli esseri ostili che provavano risentimento nel dover dividere la terra con gli uomini), Samhain era per i morti. Apriva infatti le porte del Annwn, ovvero il regno degli spiriti, l’oltretomba nella mitologia gallese, legato al ciclo delle stagioni. Molti racconti popolari si basano su questo, sull’oltrepassare tra un mondo e l’altro, tra il regno dei vivi e quello dei morti. Nella idealità nordica pagana la Natura stessa era vista infatti come il risultato di forze antagoniste.

Se il sabbath di passaggio poteva togliere il velo alla realtà permettendo così di scoprire l’Oltre e facilitava ogni genere di divinazione, dall’altra aumentava anche il pericolo che spiriti malvagi e ostili potessero far visita ai vivi.

I celti credevano che proprio alla vigilia del nuovo anno Samhain, considerato il Signore della morte e il Principe delle tenebre, chiamasse a sé gli spiriti dei morti che vivevano in una landa eterna (Tir nan Oge) e che questi potessero unirsi al mondo dei viventi.

«Forse era un pensiero naturale che l’avvicinarsi dell’inverno avrebbe portato i poveri, tremanti, affamati fantasmi dai campi spogli e dai boschi spogli al riparo dei cottage» (J. Frazer), ma la paura che i morti potessero far visita ai vivi, che spiriti e non morti potessero infestare le loro case, è presente in molte culture, così come altrettanti sono i riti atti a esorcizzarla. Questi ultimi si basavano su tradizioni pagane ancora precedenti, in cui gli spiriti della natura dovevano essere propiziati per il raccolto e il bestiame. (Si pensi che una parte del raccolto veniva lasciata a terra in Loro onore o bruciata in un fuoco sacro o che dopo Samhain non era più possibile raccogliere nulla in quanto appartenente esclusivamente agli spiriti della Natura).

Per impedire agli spiriti, ai morti, agli spettri di soggiornare nelle loro case i Celti spegnevano ogni fuoco in casa. Contemporaneamente i Druidi, la casta dei sacerdoti, accendeva un fuoco nei boschi, in cui venivano lanciate ossa di animali macellati in sacrificio per l’occasione. Terminato il rito, che doveva consistere anche in danze, tornavano mascherati con le pelli degli animali sacrificati nel villaggio per terrorizzare e mettere in fuga le entità soprannaturali. Poi dopo le prime ore del mattino, il fuoco sacro, trasportato in alcune rape intagliate, veniva usato per riaccendere le abitazioni (Geoffrey Keating, nel suo Storia d’Irlanda svela infatti il senso del temine falò, bonefire, indicante le ossa gettate nel fuoco).

Sempre durante Samhain i sìdhe (popolo dei tumuli/colline, esseri magici descritti come fate Tùatha Dé Danann confinati sotto terra, o abitanti pre-celtici d’Irlanda) passavano dalle loro dimore oltretombali al regno dei vivi. I sìdhe (pronunciati scii) non solo altro che antichi tumuli funerari che costituiscono porte d’accesso all’oltretomba. Una volta all’anno, proprio durante Samhain questi si aprono e si possono osservare i fuochi ai loro interni.

Collina di Tara. Tomba di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Le derivazioni: da Samhain a Halloween

Francia, Irlanda, Scozia e Inghilterra, di chiara derivazione culturale celtica, finirono per essere dominio di Roma che tentò in ogni modo di far scomparire ogni influsso pagano. I primi cristiani ritenevano che a Samhain i Celti evocassero gli spiriti maligni, ma non riuscendo a eliminare certe usanze così radicate, cercarono di assimilarle. «[…] molti rituali e tradizioni celtiche sono stato riformulate, nel tentativo di capitalizzare popolarità delle pratiche pagane durante la diffusione della nuova religione (J. Santino, Halloween in America: Contemporary Customs and Performances). Così papa Gregorio III sposta la celebrazione di Ognissanti, istituita da papa Bonificiaco IV nel 609 per onorare santi e martiri, dal 13 maggio allo stesso giorno in cui si sarebbe festeggiato Samhain e più avanti furono costretti a dedicare un giorno alla memoria dei morti. (Odilone di Cluny nel 998 d.C. impose la celebrazione del rito dei defunti dal vespro del 1 novembre. Il giorno seguente sarebbe stata offerta una Eucarestia al Signore pro requie omnium defunctorum).

Durante la grande carestia irlandese del XIX sec. molti abitanti del nord Europa si trasferirono in America, perpetuando le loro tradizioni e trasportando così alcuni elementi della festività di Samhain nel moderno Halloween. (Ognissanti, All Hallow’s day. All hallow’Eve diventa poi Hallows’even, ovvero Halloween).

Non meraviglia perciò la definizione che troviamo oggi sulle Enciclopedie di Halloween come di una serie di tradizioni pre-scristiane dell’Europa celtica, in particolare da quelle delle isole Britanniche dove il 31 ottobre era il giorno della fine dell’estate ma anche, secondo le credenze popolari, il momento in cui dalla sera per tutta la notte le anime dei morti tornano sulla terra accompagnandosi a Streghe, demoni e fantasmi.

Pur se esso ha perso ogni profondo significato originale, mantiene alcuni elementi come il presagio della trasformazione, il desiderio di invocare il soprannaturale, la paura degli spiriti, il culto dei defunti, il bisogno di esorcizzare la morte: tutti riconducibili all’animo umano e presenti perciò in molte culture anche tra loro lontane.

Similitudini possono infatti trovarsi nel Mundus patet, l’oscura tradizione della Roma arcaica, anche se si pensa in realtà di derivazione etrusca, che consisteva nella creazione di una fossa chiusa situata nel santuario di Cerere (divinità legata alla natura e alla fertilità), consacrata alle anime dei defunti e alle divinità dell’oltretomba. Essa rimaneva chiusa tutto l’anno tranne tre giorni in cui appunto il Mundus patet, il mondo è aperto e la comunicazione tra l’esterno della terra con il mondo sotterraneo e chi lo abita era possibile.

Così come nella cultura dei morti dei popoli messicani che celebrano tra metà Ottobre fino alla fine di Novembre il Dias de los muertos. Festa di origine ancora più antica, precolombiana, in cuii defunti sono accolti con altarini pieni di colori, fiori cempasùchil e bottiglie di mescal (ad Aguascalientes in particolare si tiene il festival de las calaveras).

Anche in Sardegna, in particolare nelle zona nuorese, intorno ai primi giorni di Novembre si celebra Su mortu mortu. Come ci spiega Giovanni Corrasi «Per i più giovani, la festa consiste nel bussare ai portoni delle case del vicinato e pronunciare, tra le tante possibili, la formula ‘seu su mortu mortu’ per ricevere in dono principalmente frutta secca, frutta di stagione, mandorle e dolci. L’offerta, così come la festa tutta, intendono ricordare i defunti, le cui anime, durante quella giornata, possono tornare nelle proprie case e godere di un banchetto imbandito dai più anziani ‘pro sas animas’». 

Altra similitudine è riscontrabile con la Notte di Valpurga. Tipica della tradizione dell’Europa centro settentrionale, praticata dai popoli germanici (Valpurga di Heidenheim), riunisce in sé due differenti cerimonie: quella germanica del culto di Ostara (riti primeverili) e quella celtica di propiziazione stagionale (Beltrame). Sovrapposta a sua volta alla ricorrenza cattolica di Santa Valpurga.

Diametralmente opposta nella ruota celtica a Samhain, condivide con essa molti elementi rituali.

Nel Faust Goethe dedica un’intera scena, intitolata appunto Walpurgisnacht, alla Notte di Valpurga. Qui Mefistofele conduce Faust sulla cima del monte Brocken per assistere alle danze infernali di demoni, streghe e stregoni a cui lo stesso Faust si unisce.

Testi :

G. Meyrink, La notte di Valpurga, 1917.

H.P. Lovecraft, I sogni nella casa stregata, 1933 incentrato su questa ricorrenza.

Le streghe son tornate

di Flavia Sorato

Roald Dahl è uno degli scrittori per l’infanzia più rinomati, grazie anche alle trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi, che hanno reso ancora più famosi racconti come La fabbrica di Cioccolato o Matilda.

Tra le narrazioni che lo hanno reso uno degli scrittori di libri per ragazzi più apprezzati c’è anche una storia che s’inserisce in pieno nella proposizione di una certa immagine fiabesca malvagia, una delle figure d’antagonista, potremmo dire, di maggior successo: la strega.

‘Le streghe’ di Dahl sono proprio l’incarnazione di quelle perfide e oscure maliarde, che preparano pozioni e architettano piani per catturare bambini, ma l’autore mette tutti in guardia a tal proposito.

Nelle fiabe le streghe portano sempre ridicoli cappelli neri e neri mantelli, e volano a cavallo delle scope. Ma questa non è una fiaba: è delle STREGHE VERE che parleremo. Ci sono alcune cose importanti che dovete sapere, sul loro conto; perciò aprite bene le orecchie e cercate di non dimenticare quel che vi dirò. Le vere streghe sembrano donne qualunque, vivono in case qualunque, indossano abiti qualunque e fanno mestieri qualunque. Per questo è così difficile scoprirle.

Quello a cui si riferisce Dahl è l’insieme di notissime fiabe che vengono tramandate di variante in variante, da tempi lontani: basti pensare a racconti della tradizione come ‘Hänsel e Gretel’ dei fratelli Grimm, con cui generazioni di piccoli sono stati spaventati e messi in allerta da offerte troppo “dolci”. Anche Hans Christian Andersen ci ha lasciato innumerevoli storie popolate da personaggi crudeli e si può annoverare tra le file di questi la terribile Strega del Mare de La Sirenetta, colei che per mezzo di una pozione ruba la voce della giovane e infelice innamorata che vuole essere tramutata in umana.

Nel libro suddetto di Dahl, invece, il bambino protagonista viene istruito dalla nonna sui sistemi grazie ai quali poter riconoscere una strega, che sa ben nascondersi e mascherarsi per non farsi scoprire (ad esempio, sono signore che indossano parrucche e quindi spesso si grattano la testa, hanno guanti per coprire gli artigli e scarpe a punta per camuffare orribili piedi).

Questi personaggi verranno poi descritti nella storia con toni spaventosi e quando il piccolo finirà nel mezzo di un intero gruppo di streghe, non potrà che essere terrorizzante per un giovane lettore avere a che fare con queste vere e proprie ‘autorità’ delle storie di paura. 

Narrativamente, della figura della strega si è quasi sempre fatto uso in senso negativo, al di là dei nomi e dei caratteri loro attribuiti. In alcuni racconti sono state presentate e descritte come ‘fate’ che compiono azioni malvagie: si veda ad esempio La bella addormentata, in cui la protagonista viene maledetta in fasce proprio da una fata offesa, quella che oggigiorno ben ricordiamo come la Malefica della versione Walt Disney.

Le immagini di queste creature magiche, quindi, sono quelle filtrate dagli adattamenti con cui siamo cresciuti, che spesso edulcorano la tradizione e si mischiano con i tristi e reali racconti di caccia alle streghe dei secoli passati. Ebbene, tutte queste versioni hanno dato vita ad una certa iconografia della strega. Spesso la si associa ad un tipico modo di vestire – compreso il cappello a punta – ai gatti neri, sempre dedita a sabba e riti di magia oscura, o impegnata a volare su una scopa alla ricerca di giovani prede da rapire e poi divorare. Anche in opere classiche come il Macbeth di Shakespeare assistiamo a rappresentazioni del genere. Nella prima scena dell’atto IV, ambientata in un’oscura caverna, le streghe preparano un incantesimo:

1a Strega. Tre volte il gatto-tigre ha miagolato.

2a Strega. Tre volte ha gemuto la nottola dei sepolcri

3a Strega. Una musica surge dalle viscere della terra, e ci dice: È tempo, è tempo.

1a Strega. Giriamo intorno alla caldaia, e gittiamo i sortilegii.

1a Strega. Rospo, che per un mese stridesti ai ghiacci e al sole, e turgido ti facesti d’un veleno mortale, vanne ora primo nella misteriosa caldaia.

Tutte. Raddoppiamo, raddoppiamo cure e travagli; brilli il fuoco, e la caldaia bolla.

2a Strega. Aggiungiamo anche il tronco d’un serpe di palude, e l’occhio d’una lucertola, e il piede d’una rana, e l’ala d’un pipistrello, e il pelo d’una nottola, e il dardo d’una vipera: e da tutto ciò si distilli quel veleno infernale, che n’occorre onde gettare il sortilegio più potente.

Tutte. Raddoppiamo, raddoppiamo cure e travagli; e brilli il fuoco, e la caldaia bolla.

Ogni storia propone una propria versione di queste figure, ma comunque sono presentate e caratterizzate da aspetti più o meno spaventosi e malefici.

Una delle immagini forse più popolari in questo senso è quella che viene dal romanzo de Il meraviglioso Mago di Oz, di Frank Baum.

Qui di streghe se ne hanno in abbondanza, perché il mondo fantastico in cui finisce Dorothy è popolato da personaggi variegati, tra i quali, appunto, vi sono anche due streghe buone e due cattive, rispettivamente quella del Nord e del Sud e quelle dell’Est e dell’Ovest. Proprio quest’ultima è la cattiva della storia, iconica per la sua perfidia e per l’aspetto: vive in un castello, comandando eserciti di animali-mostri (tra cui le scimmie volanti che appaiono anche nel celebre film), possiede un cappello magico e si aggira inquietante con un solo occhio.

La pellicola a cui si è fatto accenno poco sopra è Il mago di Oz di Victor Fleming (1939), in cui Judy Garland recita il ruolo della protagonista con le famose scarpette rosse. In questo film la Strega dell’Ovest appare sempre come acerrima nemica ed indossa i panni del personaggio per come oggi lo immaginiamo, con quelle sembianze che vengono riproposte anche nei mascheramenti della notte di Halloween.

Mostri e Giappone

di Giada Zaccardi

Halloween (in giapponese ハロウィン harouin) si festeggia anche in Giappone.

In Giappone, il famosissimo negozio Kiddyland di Harajuku (Quartiere di Tokyo molto vivace pieno di negozi di giochi, videogiochi e maschere) ha iniziato a vendere prodotti legati ad Halloween negli anni Settanta.

Sembra che il primo evento di Halloween fu la Hello Halloween Pumpkin Parade organizzata dallo stesso Kiddyland nel 1983, anche come strategia pubblicitaria. In quell’occasione, circa 100 partecipanti hanno sfilato mascherati.

All’epoca del primo evento, Halloween non era ancora molto conosciuto se non da forestieri, ma gradualmente all’aumentare della celebrità della festa, sono aumentati anche i partecipanti e l’evento continua ancora oggi.

Sembra però che la popolarità di Halloween sia da attribuire alla costruzione di due importantissimi parchi a tema giapponesi che hanno puntato proprio su tale ricorrenza. Nel 1997 il Tokyo Disneylande nel 2002 gli Universal Studios Japan hanno, infatti, ospitato due eventi di considerevole rilevanza, portando questa festa a conoscenza della maggior parte dei giapponesi.

Come nel caso dell’Italia, per il Giappone Halloween è soprattutto una trovata commerciale e ha poco a che fare con la festa tradizionale.

Tuttavia, in Giappone i mostri hanno una storia ben più antica, appaiono infatti sin dai primi libri giapponesi.

Per riassumere, potremmo dire che esistono due diverse categorie principali di ‘mostri’ giapponesi, gli yōkai e gli yūrei.

Per renderli in italiano, potremmo tradurre yōkai con la parola ‘mostri’, mentre yūrei con ‘spettri’, per poter distinguere le due categorie.

Nella tradizione occidentale sia i mostri sia i fantasmi sono figure spaventose e legate a eventi negativi, ma non sempre questo vale per mostri o spettri giapponesi.

Vediamo, intanto, qual è la differenza.

Lo yūrei è ‘lo spirito di una persona morta’ o ‘la forma di un’anima che non è riuscita a raggiungere la Buddità’ (quindi che è rimasta incompleta, non si è purificata).

Lo yōkai è un mostro con poteri misteriosi che può causare eventi soprannaturali.

Sono noti anche con i nomi ayashi o mononoke.

Pare nascano dall’antica convinzione secondo la quale ogni elemento naturale si riteneva dotato di uno spirito e si è finito per attribuire, a uno o più di questi, la responsabilità per calamità naturali che non si era in grado di spiegare.

Rispetto alle forme carine e umoristiche degli yōkai, i fantasmi giapponesi sono sempre stati ritratti come spaventosi e inquietanti.

Questo probabilmente perché i fantasmi sono stati definiti come coloro che appaiono per vendicare le loro disgrazie passate in vita e che quindi sono figli di vendetta, attaccamento o rancore.

Quindi, mentre molti yōkai hanno storie bizzarre (magari anche inquietanti), ma non si trovano in un posto per fare del male a qualcuno, gli yūrei cercano pace e vendetta e possono tormentare i vivi.

Titoli consigliati per conoscere meglio i mostri giapponesi (in italiano).

S. Mizuki, Enciclopedia dei Mostri Giapponesi, Kappalab, Bologna 1991.

S. Mizuki, Enciclopedia degli Spiriti Giapponesi, Kappalab, Bologna 2010.

M. Meyer, Il libro dello Hakutaku. Storie di mostri giapponesi, Nuinui, Vercelli 2020.

Libri e racconti ambientati ad Halloween

La strage degli innocenti di Agatha Cristie, 1969. Una bambina che ha assistito a un omicidio viene trovata uccisa durante il bobbing for apple. Gioco tipico di Halloween che però faceva parte degli antichi riti celebrati per Samhain dai celti in cui le mele avevano un significato simbolico, frutti dell’albero Cosmico, mettevano in comunicazioni due mondi.

La leggenda di Sleepy Hollow, di Irving Washington, 1820. Non solo la festa da cui tutto prende l’avvio è proprio quella di Halloween, ma si basa sul racconto di una leggenda paurosa e a essere coinvolta è proprio una zucca.

22/11/63 di Stephen King del 2011, in cui si analizza un omicidio avvenuto in una notte di Halloween di molti anni prima

Brutti scherzi per l’87°distertto di Ed McBain del 1988, in cui in una folle notte di Halloween i poliziotti del distretto 87 sono alle prese con uccisioni e crimini

Racconti di Halloween, AA.VV. una bellissima raccolta Einaudi del 2006 in cui i temi principali sono mostri, streghe, fantasmi, vampiri e zombie.

Halloween. La festa del terrore; La maschera infernale; Full moon Halloween, 2001; Zobie halloween 2014; Halloween night 2, 1994 di R. L. Stine (creatore delle collane ‘Piccoli brividi’ e ‘La strada della paura’)

Il popolo dell’autunno, di Ray Bradbury del 1962, in cui manca una settimana alla notte di Halloween, ma soprattutto il suo l’Albero di Halloween.

Halloween con Bradbury

di Flavia Sorato

Ray Bradbury, il noto autore di Cronache marziane e Fahrenheit 451, e di altre storie che hanno dato un gran contributo all’ambito della fantascienza, ha scritto anche un’opera dedicata alla famosa notte del 31 Ottobre, L’albero di Halloween. Si tratta di un racconto per ragazzi di genere tra il fantastico e l’orrore, e s’incentra proprio sulle vicende che occorrono ad un gruppo di giovani, che di episodio in episodio, scopriranno le tradizioni legate alla festività e si troveranno a confronto con il tema della morte.

La storia ha inizio proprio durante la sera che precede Halloween, quando un gruppo di amici mascherati s’incontra per i tipici festeggiamenti, tra un ‘dolcetto o scherzetto’ ed uno spavento qui e là. Ma tutti si accorgono subito che all’appello manca uno di loro, Joe Pipkin, e data la stranezza di quell’assenza, lo vanno a cercare a casa dove, però, trovano l’amico in condizioni alquanto strambe. È pallido, pare non star bene, ma invita comunque i suoi compagni ad avviarsi prima di lui… I ragazzi, un po’ straniti ma anche impazienti nel dare avvio al divertimento, si lanciano all’avventura secondo le indicazioni del capo-gruppo, fino ad arrivare ad una cava, da cui passano per giungere ad una casa misteriosa. Proprio lì, nel retro dell’abitazione, s’imbattono in una cosa inaspettata.

Un albero così non l’avevano mai visto. Sorgeva in mezzo ad un grande cortile dietro quella dimora misteriosa. Era più alto di trenta metri, più dei comignoli più alti, era ben sviluppato nei rami e aveva un’abbondante chioma di foglie autunnali rosse, gialle e marrone. […] Dall’albero pendevano migliaia di zucche di ogni forma e grossezza, in mille sfumature di giallo e arancione.  

[…] Le zucche sull’albero non erano semplici zucche, su ognuna era tagliata una faccia differente, ogni occhio era quello di uno sconosciuto, ogni naso era più strano dell’altro, ogni bocca sogghignava in modo diverso.

È l’albero di Halloween.

Improvvisamente i ragazzi si trovano così ad avere a che fare con una sorta di magia e a guidarli in un viaggio tra spazio e tempo sarà uno strano e lugubre personaggio, Mr. Moundshround, uno scheletro che ha il ruolo di accompagnare quel gruppo di amici alla scoperta della vera storia di Halloween, viaggiando di epoca in epoca.

  • Laggiù. La vedete, ragazzi?
  • Cosa?
  • La Contrada dell’Ignoto mai scoperta. Laggiù. Guardate, guardate bene. È il Passato, ragazzi, il Passato. È oscuro, pieno di incubi. La storia di Halloween è sepolta laggiù. Volete dissotterrarla? Avrete il coraggio?

Li fissò con pupille brucianti.

  • Che cosa è veramente Halloween? Come è cominciata? Dove? Perché? Streghe, gatti, polveri di mummia, incantesimi. È tutto laggiù, in quella contrada dalla quale non si ritorna. Volete tuffarvi in quel mare buio, ragazzi? Volete volare in quel cielo nero?

Sul punto di lanciarsi in questa imprevista e spaventosa spedizione, rifà la sua comparsa Pipkin che, però, proprio prima di unirsi al gruppo viene rapito…

Da qui si avvia lo sviluppo di tutta la storia che tra secoli e popoli conduce i protagonisti a scoperte e riflessioni, consegnando nelle mani del lettore un’insolita narrazione di tradizioni e credenze.

Testi per approfondire la matrice storico-folcloristica di Halloween

J. Markale, Halloween. Storia e tradizioni, L’età dell’Acqua, 2005.

E. Baldini e G. Bellosi Halloween. Nei giorni che i morti ritornano, Einaudi, 2006.

P. Gulisano, B. O’Neil La notte delle zucche, 2016. Attenta ricostruzione storica dei significati di Halloween.

Segnaliamo inoltre

Sheridan Le Fanu, sia con The Ghost and the Bone-Setter del 1838 in cui gli antichi dei ancora sopravvivono. Nell’Irlanda magica da lui descritta, il fantastico si intreccia direttamente con il reale, perché egli immagina che i personaggi delle antiche fole, le fate dei boschi, gli gnomi che vivono sottoterra, le bestie incantate non sono scomparsi col volgere dei secoli, ma vivono ancora, e ancora si intromettono nella vita degli uomini.

Ma anche con la creazione del dottor Martin Hesselius che, sulla scia della corrente dello spiritualismo, incarna l’indagatore dell’incubo, il cacciatore di spettri. Il medico dell’anima e del corpo lo troviamo ne the Strange Case Happened in Augier street; The fortunes of Robert Ardagh; the Familiar.

«Storie a metà tra paganesimo sopravvivente e consapevolezza cristiana, interpretazione razionalistica della natura e ansia verso il Soprannaturale. Lovecraft, in seguito, dilatò questo senso di incertezza tra immanente e trascendente nell’analisi delle manifestazioni del Soprannaturale, fino a portare a proporzioni cosmiche il senso di dispossessamento che ne deriva» (G. Pilo, S. Fusco).

E.T.A. Hoffmann e Gustav Meyrink con le loro storie di fantasmi. Sulla base dei miti nordici nasce, nella letteratura tedesca, il concetto di fantasma vendicatore che ritorna dal mondo dei morti per ristabilire un ordine naturale.

Seabury Quinn, con il suo Jues de Grandin. Incontra mummie redivive, vampiri, licantropi, morti viventi, spettri, strigi, lamie, gorgoni, ghoul. Proprio questi ultimi sono presenti in alcuni racconti di Lovecraft, membri di una razza notturna sotterranea che si cibano di cadaveri.

Interessante citare anche un altro testo, the Graveyard Book di Neil Gaiman, (in it. Il figlio del cimitero) in cui i ghoul si radunano in una città sotterranea ma accedono al mondo dei viventi attraverso un portale, in un cimitero. Molti capitoli hanno analogie con l’opera di Rudyard Kipling del 1894, da cui prende il nome.

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