La Serpara: il giardino che non ti aspetti

di Maria Grazia Carnevale


Non solo un giardino

Secondo lo scrittore Paulo Coelho ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può costruire o piantare: nel primo caso, presto o tardi terminerà la sua opera e la sua vita allora, ormai in balia della noia, perderà di significato; nel secondo, soffrirà con le tempeste e le stagioni, raramente riposerà, ma vivrà un’avventura senza fine perché il giardino, al contrario di un edificio, non cessa mai di crescere (P. Coelho, Brida, 2008). Ogni giardino, traboccante di vita, si rinnova continuamente nei colori e nei profumi, è “l’immagine miniaturizzata del creato” (P.Pera, Al giardino ancora non l’ho detto, 2016) e del paradiso, come dimostra l’etimologia di quest’ultimo termine (dal greco παράδεισος, a sua volta dal persiano pairidaeza con il significato primitivo di “giardino recintato”). 

Sarà per questo motivo che Paul Wiedmer, l’artista svizzero che ha scelto l’Italia e, in particolare, la Tuscia come luogo dove vivere e, per sua stessa ammissione, mettere le ali alla propria fantasia, ha creato a Civitella d’Agliano, borgo in provincia di Viterbo, uno straordinario giardino di sculture, che prende il nome dal toponimo originario del luogo “La Serpara”. Wiedmer, assistente di Bernhard Luginbühl, Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle, giunto una prima volta nella Tuscia nel 1973 per visitare il Sacro Bosco di Bomarzo, altro giardino delle meraviglie, su suggerimento di Dalì, acquistò insieme a sua moglie Jacqueline Dolder, il terreno ed alcune costruzioni rurali nell’incontaminata Valle del Tevere nei primi anni Ottanta per poi fissarvi la sua residenza e stabilirvi il suo atelier, ma soprattutto per dare inizio al suo Giardino concepito come opera totale. Mano a mano le coltivazioni e i pascoli hanno lasciato il posto agli alberi, tanto amati da Wiedmer e per lui fonte d’ispirazione: si è proceduto così a ridefinire il paesaggio, che si snoda attraverso la valle, il corso del fiume, e il dorso della collina, attraverso la coltura di piante adatte al microclima della zona, posta al confine tra il Lazio e l’Umbria, oppure di piante esotiche, come il bambù, suggestioni di un lontano Oriente. Non c’è viaggio da cui l’artista del ferro e del fuoco, cifre stilistiche della sua produzione artistica, non abbia riportato semi, talee, bulbi da trapiantare nel parco della Serpara, la sua creazione principale potremmo dire. 

In fondo, Herman Hesse ci ricorda che nel prendersi cura di un giardino “c’è qualcosa di simile alla presunzione e al piacere della creazione” (H.Hesse, In giardino, 1994), quel “piacere sublime di forzare la natura” di cui parla Sain-Simon a proposito di Versailles (A. Roger, Breve trattato sul paesaggio, 2009), anche se bisogna stare in guardia poiché “alla fine, nonostante desideri e fantasie, occorre volere solo quello che la natura vuole lasciando che sia lei a disporre e provvedere”(H. Hesse, In giardino, 1994). Wiedmer ne è perfettamente consapevole e non ha mai sopraffatto lo spiritus loci, semmai lo ha assecondato e reso più bello. Ne è nata una vegetazione ricca e rigogliosa, non relegata sullo sfondo, ma protagonista di un paesaggio scultoreo fuori dal comune, valorizzata da ogni installazione, a partire dalle sorprendenti Feurskulpturen (Sculture di fuoco) dell’ideatore del Giardino. Lingue di fuoco si accendono al passaggio del visitatore, grazie ad un meccanismo nascosto attivato da cellule fotoelettriche, ed animano strutture di ferro plasmate dall’abilità di Wiedmer. Un fuoco che, protagonista del progresso, torna ad essere semplicemente elemento naturale e fonte di stupore, come agli albori della civiltà; un fuoco che scalda e vivifica un materiale freddo e inerte come il ferro, vita “artificiale” che si aggiunge alla vita “naturale” del giardino. 

Dal 1997 in poi la Serpara si è arricchita di opere di artisti provenienti da tutto il mondo, la cui caratteristica fondamentale resta la capacità di porsi in dialogo con la natura circostante (a differenza del Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle o del Giardino di Daniel Spoerri): il Giardino, con l’alternarsi delle stagioni e l’aumentare o il degradare della luce, offre un punto di osservazione sempre nuovo e sempre diverso. A ciò si aggiunga il fatto che le installazioni sono pensate e realizzate tenendo ben  presente l’angolo del parco in cui saranno posizionate, per estendere l’intervento plastico alla totalità ambientale dello spazio accogliente, secondo la nota definizione di Crispolti (E.Crispolti, Come studiare l’arte contemporanea, 2010). In questo senso la Serpara conserva la capacità di essere un “palcoscenico del mondo”, propria del giardino rinascimentale e manierista, in un continuo gioco di rappresentazioni e simbolismi.

Il tempo del giardino

La Serpara è, però, molto di più di un tentativo di tornare all’Eden originario o di ritagliarsi un angolo di mondo propizio alla riflessione, come il κῆπος epicureo, perché, se pure vi è alla base la volontà di fuggire dalla città e dai suoi ritmi frenetici, nonché dalla cultura egemonica museale di cui è portatrice, il riappropriarsi della natura è un dono offerto generosamente al visitatore. Infatti, non vi sono mura o recinzioni, così chiunque giunga alla Serpara può vagare liberamente con lo sguardo e abbracciare l’orizzonte per intero. L’assenza di un confine spaziale tra interno ed esterno rende il parco un giardino-aperto (M. Trulli, La Serpara. Dialoghi tra arte e natura, 2017) che non ha bisogno di difendersi dal mondo circostante, come l’hortus conclusus medievale, ma che, al contrario, è sempre pronto a farlo entrare. Tanto è vero che ogni anno due artisti vengono invitati a soggiornare presso la Serpara, a casa di Paul e di Jacqueline, per ideare nuove opere da collocare nel parco, installazioni inaugurate durante una grande festa, aperta a tutti, il giorno della Pentecoste. Si struttura così, sotto l’occhio attento dell’ideatore del progetto, un’opera collettiva in continuo divenire e dal respiro internazionale, a conferma di quanto scriveva Sir Walter Scott “nulla è più figlio dell’arte di un giardino”. 

Non è un caso che il monumentale portale d’ingresso in peperino, realizzato da Pasquale Altieri, rechi sui due fronti le iscrizioni Ex tempore e In Aeternum: ci lasciamo alle spalle il ticchettio dell’orologio e il suo scandire attimi destinati a non tornare più per immergerci completamente nella ciclicità delle stagioni, sempre uguali e sempre diverse, oltre che nel segreto imperituro di ogni opera d’arte. Ci si ritrova proiettati, al di là dal tempo sociale scandito e misurato, nella dimensione estatico-contemplativa dell’eternità sublimata dalla natura e dall’arte.

Sembrano riecheggiare le parole di Jorn De Précy: “Il tempo del giardino è dunque quello della vita. Non ci spinge in avanti, come il tempo meccanico che ormai governa le nostre esistenze, perché un vero luogo ci radica sempre nel tempo presente, qui e ora. Non vi sono da ottenere, né obiettivi da raggiungere, perché la vita ha un solo fine: se stessa. E lo stesso la bellezza, che nasce costantemente dal processo vitale […] Ritrovare questa vita, la vera vita, e questo tempo della natura che è anche il nostro vero tempo, il tempo che conosce il nostro corpo animale: ecco cosa ci spinge ad aprire il cancello di un giardino e a entrarvi, ogni volta come se ci accingessimo a entrare in un mondo a parte sepolto dentro di noi” (J.De Précy, E il giardino creò l’uomo. Un manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri, 2012).

Per informazioni su “La Serpara” è possibile consultare il relativo sito.

Bibliografia di riferimento 

P. COELHO, Brida, Bompiani, Milano 2008.
E.CRISPOLTI, Come studiare l’arte contemporanea, Donzelli, Roma 2010.
J. DE PRECY, E il giardino creò l’uomo. Un manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri, Ponte alle Grazie, Firenze 2012.
H.HESSE, In giardino, Ugo Guanda Editore, Milano 1994.
P.PERA, Al giardino ancora non l’ho detto, Ponte alle Grazie, Firenze 2016.
M. TRULLI (a cura di), La Serpara. Dialoghi tra arte e natura, Ass. Cult. Viaindustriae, Foligno 2017.
M.WIEDMER, La Serpara. Il giardino di Paul Wiedmer, Kehrer Verlag 2007.

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