Villa Helma

di Gilda Diotallevi

Nel 1874 l’Olanda Settentrionale inaugura una linea ferroviaria in grado di collegare Amsterdam alle piccole regioni di Naarden e Bussum. Proprio quest’ultima, in virtù del nuovo collegamento con la capitale, cambia fisonomia e, da tipico paesino rustico della brughiera, diviene in breve tempo luogo di villeggiatura e riposo della media e alta borghesia olandese. Sorgono così nuove residenze e ville, soprattutto nel quartiere ricco di ‘t Spieghel, che danno il via a un certo fermento culturale dovuto anche alla frequentazione del luogo, in quel periodo, da parte di artisti e intellettuali. 

Proprio all’interno di questo movimento si inserisce la storia di Villa Helma. 

Situata in via Koningslaan 4, Villa Helma venne acquistata, ristrutturata e trasformata da dimora privata in locanda da Johanna Gesina Bonger, moglie di Theodorus Van Gogh e cognata di Vincent Van Gogh. Tale residenza passerà alla storia come la sede della più grande svolta artistica di Van Gogh, ma sarà al tempo stesso il luogo della rivincita morale di una donna in anticipo sui tempi, incapace di adattarsi al ruolo marginale che la società era pronta ad imporle. 

Johanna Gesina Bonger

Jo, ai più nota per essere stata la vedova Van Gogh, è una donna intelligente, caparbia e colta che, dopo la morte del marito Theodorius, a cui era molto legata, si ritrova sola e con un bambino piccolo da accudire.

Le regole del tempo avrebbero voluto che tornasse a casa dei suoi ricchi genitori, ma lei voleva la sua indipendenza, la sua libertà. Così, senza venir meno ai doveri di madre, dopo aver pianto a lungo la scomparsa del marito, capì che era giunto il momento di reagire e di darsi una seconda possibilità. Non ha neanche trent’ anni e su uno dei suoi diari, che scriverà tutta la vita tranne il periodo del suo matrimonio, leggiamo 

È ora di lasciare la casa dei miei…di qui a tre mesi, vorrei essermi stabilita in un luogo più o meno definitivo. Voglio sfuggire da questa distanza opaca, sempre presente, che ci separa dalle persone a cui siamo più legati. Non sarà mai il momento se non comincio ora.

Il padre è contrario a che lei lasci la casa d’origine, ma Jo non sente ragioni. L’eredità che il passato le concede sono gli innumerevoli quadri del fratello di suo marito, al secolo Vincent Van Gogh, di cui il nostro appartamento era pieno, in soggiorno, ovunque sotto il letto, sotto il divano, sotto gli armadi, nella stanza degli ospiti, insieme a una quantità inimmaginabile di lettere e corrispondenze private tra i fratelli Van Gogh. Ed è grazie a questo tesoro nascosto che a lei sembra di poter ancora ascoltare Theo tra le righe di quei carteggi e di conoscere, forse per la prima volta, tutta la sensibilità e la poetica con cui Vincent si approccia all’arte.

D’un tratto il suo compito le appare chiaro: portare a compimento ciò che il marito aveva iniziato. Ma vuole farlo modo suo. 

La rivelazione

Come spesso accade quando si fanno progetti per il futuro, la sua mente torna al passato. In lei riemerge il ricordo delle estati trascorse con la sua famiglia d’origine a Bussum, un piccolo paesino a poco più di venti chilometri da Amsterdam ed è convinta che quella vivida immagine non sia un caso, bensì un segno del destino. 

La pace di questo paesino mi consentirà di concentrarmi sulle priorità della mia vita: occuparmi di Vincent, conquistare l’indipendenza economica, leggere le lettere di Van Gogh, recuperare i quadri lasciati a Parigi,

ma sarà solo quando tornerà a visitare Bussum che ciò che si era profilato nella sua mente comincerà ad assumere una forma precisa. Lei lì vivrà e, al tempo stesso, aprirà una locanda.

Visita a Bussum rivelatrice.

A volte, è il disegno di un patio, il controluce insolito sopra una finestra, il luccichio di un acciottolato sotto la pioggia, a decidere più di qualunque altra cosa il tuo posto nel mondo.

A dieci minuti dalla stazione che collega il piccolo paese rurale ad Amsterdam scova il luogo perfetto, villa Helma. La casa, disabitata da più di sei mesi, non è in ottime condizioni, il giardino è in rovina, ma lei sa vedere oltre ciò che si presenta ai suoi occhi. Immagina già la casa ristrutturata e si prefigura i lunghi corridoi […] dipinti di un blu oltremare per dotarli di profondità (La vedova Van Gogh, p. 109), con appesi i quadri di Van Gogh. Di ritorno dalla visita della casa scrive sul suo diario Ho un presentimento: se torno una seconda volta in quel posto, sarà per acquistarlo.

Ed è proprio ciò che avviene. Suo padre, Hendrik Bonger, compra la villa e paga anche per la ristrutturazione, con il preciso accordo che da quel momento la Villa sarà solo una responsabilità di Jo.  

Sono contenta per la prima volta da mesi.

Con questo slancio sono andata a cercare mobili con mia madre. Abbiamo comprato una camera da letto in palissandro con lune cesellate, una credenza in noce e rovere con vetrinetta di cristallo per l’ingresso principale di villa Helma. 

Abbiamo trovato, a un ottimo prezzo, camere da letto singole tutte in noce, lampadari di cristallo e bronzo, tendaggi in panno ricamati a mano, una toilette, un cassettone, stoviglie in abbondanza e una libreria in ebano.

Per portare avanti il suo progetto deve recuperare, però, i quadri di Vincent. Al contrario di come immaginava, non incontra nessuna difficoltà: non solo Theo nel suo testamento lascia a lei il compito di occuparsi dell’eredità artistica del fratello pittore, ma la famiglia Van Gogh dimostra fin da subito di non volerne sapere nulla. Non si erano interessati alla sua arte quando era vivo, ancor meno avevano voglia di preoccuparsene ora che non c’era più. La vera battaglia sarebbe stata un’altra, quella contro il mercato dell’arte. Jo infatti si scontrerà a lungo con un sistema duro e fortemente maschilista. Non vogliono i quadri di Vincent e tanto meno vogliono che a proporli sia una donna. 

Ma lei non si arrende e così fa fare da Emile Bernard, insieme al di lei fratello Andrè, una selezione di alcuni quadri rimasti a Pigalle, la sua vecchia abitazione, con l’intensione di portarli a villa Helma ed esporli nella pensione.

Il primo maggio apro una piccola pensione a Bussum…ci staremo comodi il bimbo, i quadri e io.

Non deve temere che i quadri finiscano nel granaio o in qualche bugigattolo nel retro. Adorneranno tutta la casa. 

Ce ne sono anche di Paul Gauguin, Pissarro, Toulouse-Lautrec, Lheon Lermitte e Jean-Francois Millet. Adesso valgono solo 200 franchi ciascuno. Ma poi chissà. (15 aprile 1891, lettera a Emile Bernard)

Il mercato del tempo non le dà tregua, i critici continuano a stroncare il lavoro di Vincent e nessuno vuole esporre i quadri nelle gallerie. Ma Jo non si abbatte e inventa un modo alternativo per dar visibilità a quelle opere. 

Oggi ho appeso molte tele a Villa Helma. Questo è stato il primo gesto, svelare i quadri al mondo.

Ogni avventore della sua locanda rimane strabiliato da quell’atmosfera, da quei quadri che illuminano i corridoi, la sala da pranzo e le camere da letto. Pian piano diviene l’attrazione principale della sua attività e con i primi proventi incornicia qualche disegno di Van Gogh da inviare alle gallerie, seguendo però il suggerimento di suo marito «esporre molto e vendere solo il necessario». Ci vuole tempo, pazienza e una tenacia tutta femminile, ma qualcosa comincia a muoversi e i primi articoli a favore di Vincent arrivano. Il suo lavoro encomiabile è descritto anche dal figlio che ricorda la madre intenta a scartare e incartare quadri da mandare alle mostre. 

Ricordo bene le spedizioni con mia madre al capannone merci della stazione ferroviaria per spedire o ricevere casse.La gente veniva di tanto in tanto per vedere le foto. Le mostre, sempre più numerose, davano a mia madre molto lavoro. L’imballaggio, spesso inclusa la realizzazione di custodie, è stato per molti anni fatto in casa, il che ha causato molta polvere, rumore.

La locanda 

La nostra casa a Bussum, Villa Helma, era spesso piena di gente. Molte delle amicizie più profonde di mia madre risalgono a quell’epoca. Molti esponenti della vita artistica e intellettuale di quel tempo furono ospiti a casa nostra. (VW van Gogh, 1953)

I clienti cominciano ad accorrere, tutti sorpresi e affascinati dai quadri disposti lungo le mura della locanda come fossero all’interno di un museo. Jo si stanca parecchio nel far tutto, ma è felice di non avere padroni, di essere economicamente indipendente. Dopo quattro mesi scrive, infatti, ai genitori che da lì a poco non avrà più bisogno del loro aiuto. Non gli racconta nulla di ciò che ha in mente per rilanciare il lavoro di Vincent e intanto risparmia per ampliare la villa e, ovviamente, per autofinanziare il suo progetto. 

Scrive di lei il famoso poeta dei Tachtigers, Willem Kloos «La vedova del defunto editore d’arte con quel nome. Ha un figlio di dieci anni e ha un’accogliente pensione vicino alla stazione, Villa Helma. Conosco personalmente la signora Van Gogh e talvolta vado a trovarla per il tè la sera» (lettera tra il 23 e il 26 aprile 1899 alla futura moglie Jeanne Reyneke van Stuwe).

L’attività diviene un crocevia di artisti, eccentrici viaggiatori e amanti dell’arte e questo, in un certo senso, meraviglia la stessa Jo, sempre presa da tanti affari diversi. Scriverà sui suoi diari che a guidarla fu proprio la poesia con cui Vincent si esprimeva nelle sue lettere. Così, quando vuole migliorare il servizio nella locanda e comprare nuovi piatti e ceramiche pensa alle lunghe disquisizioni di Vincent sul rapporto tra quadro e cornici. Per lui tonalità simili, ma differenti, erano in grado di cambiare l’insieme.

Un riso giallo zafferano merita un servizio viola o blu; un petto di pollo dorato risalta meglio su un piatto di portata liscio dal fondo verde brillante. Un semplice purè di patate, bello bianco, su una ceramica color granata, per esempio, guadagna in eleganza.

Con questi dettagli, Villa Helma cresce.

Nel 1953, il figlio di Jo Vincent William van Gogh pubblica una nuova edizione del Collected Letters, lasciandoci una incredibile descrizione di Villa Helma: 

«Il nostro soggiorno non era grande ma molto accogliente (in una casa olandese il soggiorno e la sala da pranzo sono una cosa sola). Sopra la mensola del camino imperiosi troviamo i Mangiatori di patate, sul lato opposto, sopra la credenza, La mietitura, (in realtà il primo quadro che appende nella sala da pranzo appena trasferisce i suoi mobili) mentre Strada di Clichy era appeso sopra la porta. Sopra il pianoforte invece c’erano quattro quadri di Monticelli; ai lati della credenza gli autoritratti di Guillaumin e di Bernard, e accanto al camino il Vaso di fiori di Vincent (il vaso viola). Dal bordo del paralume di porcellana bianca della lampada a petrolio posta sopra il tavolo, pendevano alcune stampe giapponesi. In un’altra stanza c’era il grande quadro di Gauguin (della Martinica) che appariva sopra il divano di Theo, che era coperto da un tappeto orientale; a quel tempo questo era consuetudine, ora sarebbe chiamato un sacrilegio. 

E ancora nel corridoio del piano inferiore si trovavano disegni di Vincent del cortile dell’ospedale di Arles e della fontana a Sant-Rémy. Nella camera da letto i tre Giardini in fiore, Fioritura di mandorli e poi Pietà (dopo Delacroix) e Sera (dopo Millet). C’era un giardino intorno alla casa con molti alberi».

Qualcosa di personale

Un luogo a volte può rappresentare il punto di svolta, il cambiamento di rotta. Ed è ciò che successe a Jo che, attraverso la sua locanda, trovò il modo di riaccendere la speranza di una vita oltre il dolore. Si rese indipendente dal punto di vita economico e, nel tempo, ebbe la meglio su una società che rifiutava a priori un impresario d’arte donna. Il tutto, senza rinunciare a essere madre a modo suo, secondo il suo temperamento.

Mia madre ha formulato le sue opinioni in modo indipendente, e quindi le sue idee di tanto in tanto deviavano da quelle della sua famiglia. Entrò a far parte dell’allora giovane partito socialista, che la mise in contatto con altre persone. Tuttavia, non ha preso parte alla vita pubblica, ma si è dedicata a suo figlio, al suo secondo marito e ad altre cose.

A introdurla alla politica fu Willelmina Van Gogh, sorella di suo marito, con cui Jo instaurò una sincera amicizia, che permise a entrambe di sostenersi a vicenda. «A mezzogiorno Joanna e Will pranzano sotto i mandorli, nel patio» (La vedova Van Gogh, p.135). Ad accomunarle c’è un profondo scontento per la società maschilista del tempo ma soprattutto il coraggio di pensare in modo differente. 

Un’innocente riunione di sole donne indetta da Will van Gogh a Villa Helma, tè delle cinque, quartetto d’archi, diventa la copertura ideale per un incontro clandestino tra donne che discutono delle loro sorti e del loro posto nel mondo.

Si ritrova a leggere la Femme libre, il primo giornale femminista del 1832, fondato e diretto da sole donne, che Will le ha portato in copia carbone, partecipa alla Conferenza internazionale socialista del 1915 per la pace delle donne, ma non solo. Perché Jo la sua rivoluzione la porta avanti giorno dopo giorno, tentando di vivere da donna libera, senza condizionamenti.

Nel 1932 la scrittrice di romanzi sociali Jeanne Reyneke van Stuwe pubblicò i suoi ricordi di Jo van Gogh-Bonger nella rivista olandese (simbolo del movimento degli Ottanta) De Nieuwe Gids.  «Io stessa ho imparato ad ammirare e ad apprezzare il suo carattere bello e forte, durante un soggiorno a casa sua a Villa Helma nel Koningslaan a Bussum. Ho conservato i ricordi più piacevoli di questi giorni. La signora van Gogh era a capo di una pensione e sapeva davvero come offrire una casa ai suoi ospiti. E allo stesso tempo era la madre più dolce e premurosa per suo figlio […] Villa Helma era piena delle opere del famoso pittore scomparso, e ha passato anni a sistemare e sistemare le lettere di Vincent. Correggeva tutti i test, compresi quelli dell’edizione tedesca, e la sua illusione era di produrre anche un’edizione inglese. Quando è morta aveva tradotto in inglese 265 lettere».

Conclusione

Nelle ultime pagine del suo diario Jo scriverà

Vorrei farvi capire l’influenza che Vincent ha esercitato sulla mia vita. Furono Theo e Vincent ad aiutarmi a indirizzare la mia esistenza in modo che io possa essere in pace con me stessa.

Bibliografia di riferimento:

C. SÀNCHEZ, La vedova Van Gogh, Marcos y Marcos, Milano 2016.
H. LUIJTEN, Diaries, borgerdiaries.org 
J. van GOGH-BORGER, Vincent Van Gogh, Abscondita, Milano 2007.

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