Sono la sofferenza ineluttabile delle donne di Enchi Fumiko

di Giada Zaccardi

Enchi Fumiko (secondo l’ordine giapponese, in cui antepone il cognome al nome 円地 文子), è nata a Tokyo nel 1905 e morta nel 1986, sempre nella capitale giapponese) è stata una scrittrice giapponese nell’era Shōwa (periodo compreso tra il 25 dicembre 1926 e il 7 gennaio 1989).

Ha modificato il suo nome, in quello che conosciamo, nel 1928 trasformandolo in Fumiko (文子) con i caratteri di 文 letteratura, lettere, frase e 子 bambino, figlio. Quindi ribattezzandosi con un nome che in italiano potremmo rendere come Figlia delle lettere, della letteratura. La vocazione per la scrittura era di famiglia, infatti suo padre fu un celebre linguista giapponese. Di lui dirà «Senza dubbio, quella mescolanza di frasi e storie che mi raccontava si agitò in me mentre crescevo, cambiandomi in modi che non potevo controllare, rendendomi una scrittrice di storie.»

In particolare, è nota per aver affrontato nelle sue opere temi legati alle donne, anche con riferimento all’importanza di lottare per guadagnare la propria dignità.

A woman’s love is quick to turn into a passion for revenge–an obsession that becomes an endless river of blood, flowing on from generation to generation.

Enchi Fumiko

In linea con la sensibilità della nostra Autrice, mi piacerebbe indirizzare questa mia riflessione indistintamente a coloro che ancora non hanno letto di lei e a chi, invece già conosce almeno qualcosa.

Ci si potrebbe domandare come mai una simile riflessione, che appare assai bizzarra e forse non intuibile a prima lettura. Bene, risponderei che il motivo risieda nella particolare attitudine di Enchi Fumiko, capace di distinguerla dagli altri: ‘l’emozionare’.

Le sue pagine trasudano di emozioni delle protagoniste (e qui, sì, che prevale il femminile, in barba alle comuni regola grammaticali), ci si sente non solo dentro la storia, ma dalla parte stessa della narratrice.

È così che ci si finisce per innamorare di Teishi, splendida Prima consorte imperiale, tanto perfetta da sembrare una figura onirica (Cfr. Namamiko monogatari. In it. Namamiko. L’inganno delle sciamane); ed è nello stesso modo e con la stessa forza che ci si ritrova a girare le pagine di Onnazaka, con i muscoli contratti e la frustrazione di Tomo (Onnazaka. Il sentiero nell’ombra).

Ecco, dunque, il motivo dell’ideale doppia destinazione del mio scritto: a coloro che queste emozioni le hanno sentite addosso, e agli altri, con la speranza che possano fare altrettanto.

E ci tengo a sottolineare che queste considerazioni valgono anche per le opere tradotte; quindi, che non vi scoraggi quel tanto che il traduttore ruba al narratore.

Un tema rilevante

Per tentare di delineare Enchi Fumiko, prenderei le mosse dal tema della donna, che come accennato all’inizio è proprio ciò che ne caratterizza la poetica.

Se fossimo nel film Fight club, la voce fuoricampo annuncerebbe: Sono la sofferenza ineluttabile delle donne di Enchi Fumiko. A parte la battuta, e fuori dalla metafora del film, mi sentirei di ritenere l’Opera di Enchi Fumiko, come un paradosso (il che a ben pensarci, è del tutto in linea con l’esordio teatrale dei suoi scritti).

Dunque, la definirei: un’Opera Paradossale, poiché tutte le volte che qualcosa si afferma, sembra negarsi allo stesso tempo.

Infatti, e per cominciare, tutto ciò che ha prodotto l’Autrice ha una forma di donna, ma non è a sua misura; in ogni scritto incontriamo una protagonista – se non più di una – che conduce la vicenda, tesse le fila del racconto, inducendo eventi e personaggi a dirigersi nelle strade da lei solcate.

Sembrerebbe quindi trattarsi di una scelta autoriale che, piuttosto pioneristicamente considerata l’epoca, voglia affermare la forza e l’importanza della donna.

Tuttavia, queste figure femminili non vivono mai il loro essere donna, la loro femminilità e la loro sessualità serenamente.

Tutto sembra un grido soffocato.

(L. Bienati P. Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea)

Piuttosto sono sciamane, sono maschere, sono Reali, sono spiriti, sono martiri, ma non sono mai libere di soffrire e di cercare conforto. Sono anche bellissime e spesso convolano a nozze, ma dalla prima all’ultima notte, consumeranno il matrimonio subendo la forza sessuale animalesca di un uomo, che al di fuori di quella stanza, solitamente, vale davvero poco.

Persino Mieko, la protagonista dell’opera Maschere di donna, che a confronto con le altre donne descritte dovremmo sentire come più ‘contemporanea’, si rivela una maschera teatrale, prigioniera della retorica classica legata al risentimento femminile e alla sua forza distruttiva.

Sembra, dunque, che l’amore non trionfi mai, che la gioia non sia abbastanza seria, almeno non quanto il dolore e, di conseguenza, i suoi personaggi femminili finiscano per essere inquietanti o indolenti. Questo di certo ne accresce il fascino, ma allo stesso modo li priva di umanità.

Una delle poche eccezioni, forse, si trova nelle timide fantasie erotiche di Chigako (il riferimento è al racconto L’ammaliatrice), che sembra farsi contaminare dal denaro proibito ottenuto da traduzioni di testi erotici, non senza un forte senso di colpa sotteso, lasciandosi trasportare.

Ecco, quello è stato il momento più umano che ho trovato nella ‘donna’ di Enchi Fumiko.

Tuttavia, anche qui sono il senso di colpa e l’inazione a prevalere.

E di questa ossessione femminile (cfr. D. Moro, postfazione a Namamiko L’inganno delle sciamane), è stato chiesto anche all’autrice stessa, che ha recisamente rifiutato la definizione, preferendo quella di fenomeni sciamanici, augurandosi che l’ossessione femminile potesse essere intesa come figlia della frustrazione della donna che vive in una società maschio-centrica e maschio-orientata.

Possessione ed espressione

Ed ecco qui un’altra tematica onnipresente nell’opera dell’Autrice: la magia; o per usare un termine maggiormente filofumikiano, la possessione.

Argomento, anch’esso, che non esce dalla ‘donna’, ma ci si interseca.

Possessione, che pur se muta, è quella che permette di considerare Onnazaka, Onnamen e Namamiko monogatari, una trilogia (n.d.a. L’altro elemento che conduce a questa ipotesi è relativo ai riferimenti all’opera Genji Monogatari, di cui l’Autrice ha prodotto la traduzione in lingua giapponese moderna), poiché scivola da un’Opera all’altra, modificandosi sì per assumere la forma della storia, ma – a ben guardare – ancor più manifestando la sensibilità dell’Autrice.

Nonostante i suoi mutamenti, il filo rosso resta la possessione.

A questo proposito, è la stessa Enchi Fumiko a raccontare che la pratica delle possessioni possa essere interpretata come una modalità espressiva delle donne passive, costrette a ricorrere alle pratiche esoteriche per riuscire a trovare voce in una società che le opprime e le priva della possibilità di espressione. (cfr. D. Moro, postfazione a Namamiko L’inganno delle sciamane)

Ed è questa interpretazione che sembra chiudere il cerchio. Ecco forse scovato il motivo di tanta sofferenza e di altrettanta sopportazione.

Si tratta di donne immaginate da una donna che ha vissuto le guerre mondiali, due operazioni chirurgiche invasive proprio della sfera ‘femminile’ (I. Starace, Erotismo femminile in due racconti di Enchi Fumiko in ‘Il Giappone’, vol. 45, 2005) e un matrimonio infelice in un’epoca in cui erano solo gli uomini a decidere.

Ciononostante, non sembra ancora potersi ravvisare quell’indipendenza, fosse almeno di pensiero, che permette di staccarsi da queste figure maschili tiranniche, proprio perché quando l’Autrice auspica un futuro equilibrio nella psiche femminile, si appella alle frustrazioni date da una società maschilista, che devono risolversi.

In altre parole, sembrerebbe sperare che siano gli uomini, ancora una volta loro, a smettere ti tediare l’animo gentile delle donne e non le donne a decidere per loro stesse.

Sono, dunque, donne che sembrano sempre voler essere guardate da un uomo – o dagli uomini – e che forse proprio per questo non mettono mai a fuoco i loro desideri.

Enchi Fumiko

Tuttavia, man mano che invecchiano, le figure femminili sembrano prendere maggiore consapevolezza e maggiore forza e l’atto di ribellione arriva appena prima che si chiuda il sipario: si negano in punto di morte, chiedendo di non essere sepolte con i loro stessi tiranni che hanno dovuto accontentare per una vita intera.

È questa, forse, la parte migliore dell’eredità che possiamo raccogliere da Enchi Fumiko: l’augurio che le donne del futuro riscrivano il loro finale.

Enchi Fumiko

 Bibliografia di riferimento

L. BIENATI – P. SCROLAVEZZA, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio, Venezia 2009.

ENCHI FUMIKO, Namamiko. L’inganno delle sciamane, Safarà, Pordenone 2019.

ENCHI FUMIKO Onnazaka. Il sentiero nell’ombra, Giunti, Firenze 1987.

ENCHI FUMIKO Maschere di donna, Marsilio, Venezia 2001.

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