di Gilda Diotallevi
Il legame tra le divinità e gli alberi sacri è noto da sempre. Nella mitologia dei Greci, dei Romani, dei Celti e di altri popoli, numerose erano le specie di alberi sacri o comunque in qualche modo collegati al culto delle divinità.
Altman, 1994



In realtà in passato l’uomo, che viveva all’unisono con la natura, dipendeva anche da alberi e piante per la sua stessa sopravvivenza: erano fonte di sostentamento, di luce, di calore e di cura contro le malattie. Proprio agli alberi, che finivano per essere assimilati alle divinità stesse, sono stati attribuiti numerosi poteri, anche e soprattutto di natura mistica.
Tale legame ancestrale tra alberi e dei, trasversale nel tempo e nello spazio alle diverse confessioni religiose e afferente comunque a una dimensione sacrale, è ben presente anche nella religione cristiana. Nella Genesi leggiamo Poi il Signore Iddio piantò un giardino a Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva modellato. Il Signore Iddio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli all’aspetto e buoni a mangiare e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Inoltre l’albero descritto nella Genesi (3,17-24), che Dio pose a oriente del giardino dell’Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita, è lo stesso descritto anche nell’ultimo capitolo dell’Apocalisse (22,2) In mezzo alla piazza della città e al fiume, di qua e di là, ci sono degli albero di vita che producono dodici raccolti, dando ogni mese il suo frutto; e le foglie dell’albero sono destinate a guarire le nazioni.
L’albero della vita è un simbolo universale, presente in molte culture arcaiche, religioni, mitologie e filosofie ognuna delle quali gli attribuisce significati magici e mistici. La sua forza è rappresentata dalla capacità di collegare le tre dimensioni spazio-esistenziali fondamentali: il mondo degli inferi (le radici sotto terra), la terra come mondo umano (il tronco) e il cielo (la chioma che si innalza e si apre verso l’alto).


Esiste un rapporto misterioso che unisce tale albero della vita alla Croce di Cristo, tanto da aver assunto nell’iconografia cristiana una sovrapposizione: la croce viene infatti raffigurata come albero e, al tempo stesso, è composta da alberi sacri.
La Leggenda aurea
Jacopo da Varagine, frate domenicano, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XIII secolo pubblica la Legenda aurea (o Legenda sanctorum), una raccolta di biografie di santi. I capitoli LXIV e LXV sono dedicati al De invenctione sanctae crucis (Il ritrovamento della Santa Croce) e all’Exaltatione sanctae crucis (l’Esaltazione della Croce) e descrivono le origini del legno con cui poi sarà fabbricata la Croce di Cristo.


Set, il figlio di Adamo, vedendo il padre gravemente malato si reca presso la porta del Paradiso per chiedere l’olio del legno della misericordia, con il quale pensava di guarire il padre. Gli apparve l’arcangelo Michele che invece gli consegnò alcuni semi che gli ordinò di piantare sul monte Libano, specificando che Adamo non si sarebbe ripreso se non prima di parecchie migliaia di anni. Tale attesa è da collegare proprio alla redenzione dell’umanità dal peccato originale che sarebbe avvenuta solo tramite il sacrificio di Cristo. I semi piantati da Set, che apparterrebbero infatti all’albero da cui fu colto il frutto proibito, diventeranno l’albero da cui sarà fatta la croce. «La parte traversa era di cipresso, il pezzo per poggiare i piedi di palma e l’iscrizione di ulivo», riferisce Wall.
Quando Set torna a casa però Abramo è già morto e decide di piantare i semi sulla sua tomba. Secondo Origine, scrittore cristiano del III sec, il Golgota sorgeva proprio sulla tomba di Abramo. Molte raffigurazioni medievali della Crocifissione mostrano per l’appunto un teschio al di sotto della croce di Cristo.
Molto tempo dopo il re Salomone decide di utilizzare quello stesso albero per la costruzione del Tempio di Gerusalemme ma, impossibilitato ad adattarlo, lo usa come ponte per i passanti. Proprio qui la regina di Saba prima di attraversare il ponte ebbe una visione della figura di Cristo crocifisso e si rifiutò di calpestare quel legno.
A quel punto Salomone decise di eliminare l’albero sotterrandolo, passò altro tempo e nello stesso luogo fu costruita una piscina probatica, utilizzata dai Nabetei per immergere e guarire gli ammalati. Quando infine si approssimava l’ora della morte di Cristo il legno riemerse dall’acqua e fu usato per la costruzione della croce.
La storia si incentra poi su Elena, madre di Costantino, inviata da quest’ultimo alla ricerca della Croce ormai dispersa. Quando ella riuscì infine a sapere dove scavare per ritrovarla, da quel luogo si propagò un fumo di spezie e un odore meraviglioso. Trovarono però sepolte tre croci, l’unica che riuscì a far resuscitare un giovane moribondo indicò quale fosse la croce di Cristo.
La reliquia di questa croce, portata in Italia da Elena, viene conservata oggi nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme.
La versione della storia della croce non è la sola, ma è la risultanza di una serie di testi e tradizioni ancora anteriori.
Il legno della croce
La leggenda di Seth, di cui abbiano parlato, si intreccia infatti con quella del legno della croce andando a formarne una ancora più complessa che nel tardo medioevo, a partire dal XII sec., ebbe una grande diffusione. Tanto è vero che essa ci giunge in narrazioni di tutte le lingue parlate dai popoli cristiani e in numerosissime versioni.




Quasi tutte le leggende intorno al legno della croce lo fanno discendere dallo stesso giardino in cui era stato commesso il peccato originale. (Gn 2,9) «Una tradizione greca narra che […] un ramo dell’albero nel cui frutto peccò Adamo, fu trasportato a Gerusalemme; e ne sorse un grand’albero, donde fu fatta la croce. Altri dicono che Adamo stesso portò seco dal paradiso un frutto o un rampollo dell’albero. Secondo una terza versione Dio dopo il peccato svelse l’albero e lo gittò di là dal muro del paradiso. Mille anni più tardi Abramo lo trovò e lo piantò nel suo giardino. Un Angelo (o Dio stesso) gli annuncia che su di esso dio (egli) verrà crocifisso.» (Mussafia, Sulla leggenda del legno della croce, pp. 165-167)
Delle molteplice versioni di questa storia, intrecciata ad altrettante versioni della vicenda di Seth mandato dal padre al Paradiso terrestre per procacciarsi l’olio misericordioso, Arturo Graf, nel suo Miti, Leggende e superstizioni del medioevo, riporta un racconto latino, anteriore al XIII sec., in cui la leggenda appare nella sua pienezza, dandoci così indicazioni ancora più precise sui tipi di semi e di alberi di cui si discute. «L’angelo […] gli porge tre granella del pomo fatale onde mangiarono i genitori. (In altre versioni invece l’angelo dà a Seth un ramoscello dell’albero della scienza.)
[…] Seth pone sotto la lingua (di Adamo) i tre semi […] (da cui) nascono tre virgulti, di cedro il primo, di cipresso il secondo, di pino il terzo. […] Mille anni stanno le verghe in quel luogo, sino a che Davide, per avvertimento del cielo, le viene a levare e le porta a Gerusalemme, dove, poste in una cisterna, metton radice e si uniscono in un’unica pianta».
Simbolicamente i tre alberi, il cedro (ovvero il Padre), il cipresso (il Figlio che deve morire) e un pino o la palma (lo Spirito Santo), intrecciati insieme formeranno l’immagine della Trinità. C’è una lunga tradizione per la quale la croce sarebbe stata fatta di legni diversi – in genere tre, in onore proprio della Trinità, ma a volte anche di più. “Un’antica leggenda dice che la Croce era fatta da alberi sacri, ovvero dalla ‘Palma della Vittoria’, dal ‘Cedro dell’Incorruttibilità’ e dall’ ‘Ulivo per l’Unzione Reale e Sacerdotale’.
Gofredo da Viterbo, invece delle vicende di Seth, narra di Jonito, figlio di Noè, che chiede di poter ammirare con i suoi occhi la bellezza del Paradiso terrestre. Ottenuta questa concessione, riporta da quel luogo tre virgulti di abete, di palma e di cipresso, i quali piantati separatamente, si congiungono in un solo albero, che ha colori e forma delle foglie diverse, a simbolo della Trinità. Da esso sarà fatta la croce.
«Il legno della croce fu fatto derivare di solito dall’albero della scienza del bene e del male, ma talvolta ancora dall’albero della vita, o da un altro albero paradisiaco, detto della salute. Secondo una tradizione siriaca la croce fu fatta del legno di un albero che da indi in poi non cessò più di tremare, la tremula. […] Stando ad altre immaginazioni, la croce fu veramente formata di quattro legni differenti, palma, cedro, cipresso, olivo; oppure tre, cedro, cipresso, pino: palma, cipresso, abete.» (A. Graf, op.cit., p.108) Quanto al legno, sappiamo che il cedro è incorruttibile, quindi sta a significare la vita eterna, il cipresso simbolizza la morte e l’ulivo l’alleanza con Dio e quindi la pace. In alcune altre versioni uno dei quattro legni della croce è anche la palma, che simboleggia la resurrezione. (Cfr. il cedro, i cipressi, gli olmi e gli abeti, che sorgeranno nel santuario divino della Nuova Gerusalemme sono menzionati in Is. 60, 13)
Gli alberi citati hanno tutti un forte valore simbolico e una lunga tradizione mistica. Tanto che l’albero della croce, così come la croce stessa, divennero una specie di albero cosmico, presente in molte e diversissime tradizioni di lingue e religioni antiche. La croce e l’albero della vita infatti sono stati considerati un tutt’uno già dai primi Padri della Chiesa, «Cristo […]appeso alla croce in modo da riassumere lì in se stesso l’universo (Ireneo, Adversus Haereses, 5,18, 3)». Ma l’identità tra la Croce e l’Albero cosmico la ritroviamo anche fuori dalle credenze cristiane. Nelle rappresentazioni messicane precedenti la conquista spagnola l’albero è raffigurato a forma di croce con le estremità dei bracci ramificate e coperte di foglie. (Cfr. H.B. Alexander, Le Cercle du monde 1962). La croce rappresenta qui la totalità dello spazio, l’universo stesso.
Riscontri
Nonostante sia chiaro che la tripartizione con cui si diceva fosse costruita la croce avesse un valore simbolico, e che gli alberi menzionati avessero a loro volta una storia e una mitologia a supportarli, vi sono stati anche riscontri effettivi.
Essendosi la vera croce conservata per tre secoli ha reso plausibile l’idea che potesse essere fatta di cedro, un legno incorruttibile e presente nella Giudea. Il fatto che però fosse al contempo un legno ricercato e costoso ha fatto propendere per il pino. Questo fatto sarebbe supportato dall’analisi al microscopio effettuata nel XIX sec. sui frammenti della vera croce di Santa croce in Gerusalemme di Roma, del Duomo di Pisa e del Notre Dame di Parigi: si sarebbe trattato proprio di pino. Mentre il frammento riposto a Santo Toribio de Liébana, in Spagna, analizzato nel 1959 fece emergere una verità differente: il legno usato sarebbe stato il cipresso orientale (conifera imparentata con il pino). Ma un ulteriore scoperta del 1969 a Civ’at ha-Mivtar, nei pressi di Gerusalemme, farebbe pensare che il legno fosse stato l’ulivo.
L’ulivo
L’evidenza del legame tra Cristo e i legni sacri ci appare chiara già dall’etimologia del nome del Messia, in ebraico Maschiak «l’Unto del Signore», tradotto in greco con Kristós «colui che ha ricevuto l’unzione dall’olio santo»
Fin dall’origine l’ulivo fu per gli ebrei uno dei doni più preziosi di Jahveh, simbolo dell’alleanza conclusa con gli uomini, nella persona dei patriarchi: Noè prima e poi Abramo.
L’olio serviva infatti alla consacrazioni, non solo religiose se pensiamo che in Francia i re veniva unti con l’olio proveniente dalla Santa Ampolla.
Le ricerche dei botanici hanno stabilito che l’habitat originario di questo albero è l’Asia Minore, dove forma vere e proprie foreste nella regione che, partendo dall’Arabia meridionale, risale passando dalla penisola del Sinai, dalla Palestina, la Siria e la costa meridionale della Turchia fino ai piedi del Caucaso.
La sua prima menzione nei testi sacri si trova nella Genesi, ma la venerazione degli Ebrei per l’ulivo fu trasmessa ad altri Semiti, gli Arabi, della terra dei quali l’albero era originario e dove veniva coltivato da molto tempo. Nell’Islam, è l’Albero cosmico per eccellenza, centro e pilastro del mondo; simboleggia l’Uomo universale, il Profeta e «uno dei nomi di Dio, o qualche altra parola sacra è scritta su ognuna delle sue foglie; e la baraka del suo olio… può diventare pericolosa. In alcune tribù gli uomini bevono olio d’oliva per aumentare il loro potere di procreazione» (E. Westermarck, Ritual and Belief in Morocco, 2 vol, MacMillan, London 1926)
L’ulivo è Albero della vita, ma nell’Islam l’Albero Benedetto è considerato soprattutto la fonte della luce tramite l’olio che esso produce. La sura XXIV del Corano, detta della Luce «Dio è la luce dei cieli e della terra, e si rassomiglia la Sua Luce a una Nicchia, in cui è una Lampada, e una Lampada è in un Cristallo, il Cristallo è come una Stella lucente, e arde la Lampada dell’olio di un albero benedetto, un Olivo né orientale né occidentale il cui olio per poco non brilla anche se non lo tocchi col fuoco. È luce su Luce». Quest’albero segreto e meraviglioso è l’albero celeste «che non ha rapporto con la rotazione della terra intorno al sole», e infatti è l’asse immobile del mondo creato.
L’ulivo, albero benedetto, rappresenta anche Abramo, il padre dei fedeli, antenato comune degli ebrei, dei cristiano e dei musulmani. Abramo, come Noè prima di lui, è identificato con l’ulivo come segno di alleanza, della quale le olive, doni divini, sono in qualche modo garanti. Sottolinea infatti Nell Parrot che, a proposito delle raffigurazioni dell’albero sacro in Mesopotania, l’albero della vita che, secondo la Genesi, cresce in mezzo al giardino piantato da Jahveh nell’Eden per accogliere Adamo, «Non esiste un culto dell’albero in sé; sotto questa raffigurazione si nasconde sempre un’entità spirituale.» (N. Parrot, Les Representations de l’arbre sacre sur les monuments de Mesopotamie et d’Elam, Geuthner, Paris 1937, p.19)
Nell’arte
Il rapporto tra la croce e l’albero della vita è, iconograficamente, raffigurato in numerosissime opere, ma il mosaico absidale della chiesa di San Clemente a Roma e quella del Laterano rappresentano le sue implicazioni escatologiche e soteriologiche.
Va inoltre citata la famosa opera di Piero della Francesca, Storie della Vera Croce, un ciclo di affreschi basati sulla Legenda Aurea. Dipinti tra il 1452 e il 1466 e conservati nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo, trasportano i punti salienti della leggenda in pittura.



Piero della Francesca, Adorazione della Croce e incontro tra Salomone e la Regina di Saba
«… quando la Regina di Saba si recò ad ascoltare le sapienti parole di Salomone ebbe ad attraversare il detto lago: ed ecco che vide in spirito come su quel legno dovesse essere sospeso il Salvatore del mondo onde non volle passarvi sopra, ma devotamente si prostrò ad adorarlo… » Jacopo da Varagine
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
HARTLEY BURR ALEXANDER, Le Cercle du monde, Gallimard, Paris 1962.
NATHANIEL ALTMAN, Sacred trees, Sierra Club Books, San Francisco 1994.
JACQUES BROSSE, Mitologia degli alberi. Dal giardino dell’Eden al legno della croce, Edition Plon 1989.
ARTURO GRAF, Miti, Leggende e superstizioni del medioevo, Chiantone, Torino 1925.
ADOLFO MUSSAFIA, Sulla leggenda del legno della croce 1870
N. PARROT, Les Representations de l’arbre sacre sur les monuments de Mesopotamie et d’Elam, Geuthner, Paris 1937.
JACOPO DA VARAGINE, Leggenda aurea, L’invenzione della Santa Croce.
E. WESTERMARCK, Ritual and Belief in Morocco, 2 vol, MacMillan, London 1926.